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La fine del mondo

07/01/2014 12:00

Maurizio Encari

Recensione Film,

La fine del mondo

Capitolo finale della "trilogia del cornetto" (iniziata con L'alba dei morti dementi e Hot Fuzz), La fine del mondo è l'ennesimo, riuscitissimo exploit di Edgar

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Capitolo finale della "trilogia del cornetto" (iniziata con L'alba dei morti dementi e Hot Fuzz), La fine del mondo è l'ennesimo, riuscitissimo exploit di Edgard Wright (già al lavoro sull'atteso film di Ant-Man), che torna qui a collaborare con i fidati Simon Pegg (anche co-autore della sceneggiatura insieme al regista) e Nick Frost per l'ultima incursione in una demenzialità tipicamente british diventata di culto.


La storia, nuovamente pilotata dall'irresistibile tono comico-citazionista, vede l'ormai quarantenne Gary King (Simon Pegg) riunire gli amici di gioventù - al racconto non manca neppure un leggero sapore malinconico, comunque in sottofondo rispetto agli intenti parodistici. La reunion voluta da Gary ha uno scopo: terminare una gara iniziata vent'anni prima che consisteva nel bere una pinta di birra in tutti i pub di Newton Heaven. Tornati negli stessi posti di un tempo, alcuni incredibilmente cambiati, i cinque amici si trovano dinanzi ad un inaspettato pericolo: tutti gli abitanti della cittadina sembrano infatti esser stati sostituiti da inquietanti creature aliene che si scagliano contro i protagonisti.


Dopo gli zombie-movie e gli action americani in pieno stile Michael Bay, il regista saccheggia con tutto il suo acume cinefilo il filone sci-fi (a partire da La saga degli ultracorpi), ibridandoli con situazioni ispirate che dimostrano una cultura di assoluto livello anche nell'amore, più o meno volontario, per un certo cinema classico. Film che nelle più rocambolesche situazioni non scade mai nella volgarità, ma anzi forte del ritmo incessante, scatena risate in serie dimostrando un'originalità nella reintepretazione che ha pochi eguali nella commedia odierna. Ne La fine del mondo Edgar Wright non si adagia sugli allori e va oltre lo standard che ha contribuito a definire, poiché reinventa gag viste proprio negli altri titoli della trilogia (emblematico il salto dello steccato, scena cult di Hot Fuzz e L'alba dei morti dementi); inoltre, grazie alla complicità di Simon Pegg e Nick Frost, emerge una confortevole familiarità. Mai moralista, trattando un tema ad oggi assai spinoso come quello dell'alcolismo, più profondo delle apparenze e con un finale ricco di spunti, il film è un viaggio irresistibile che scava con lucidità ironica nel passaggio dalla giovinezza alla mezza età - la stessa caricaturale personalità dei personaggi nasconde molto di più di quanto affiori in superficie. Con un divertito e divertente uso degli effetti speciali e delle scene action, perfettamente integrate nella costante vis comica dell'operazione, l'attenzione è garantita fino all'epilogo che si profila come la perfetta chiusura del cerchio. Da segnalare nel cast anche la presenza di Martin Freeman, novello Bilbo Baggins nella trilogia jacksoniana de Lo Hobbit.


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