
Nel bel mezzo dell’oceano indiano, un uomo (Robert Redford) apre gli occhi e scopre che la Virginia Jean, la barca con cui sta veleggiando, ha cominciato ad imbarcare acqua a seguito di una falla causata dallo scontro con un container commerciale che galleggia in acqua. Abbandonato a se stesso, senza più alcun mezzo di comunicazione con il mondo esterno, il marinaio non sa di essere il bersaglio di una tempesta che lo costringerà a fare i conti con le minacce dell’oceano. Una lotta per la sopravvivenza contro il furore della natura. All is Lost si apre su un mondo che non offre più alcun punto di riferimento. Da una parte l’immensa distesa d’acqua cristallina che si estende a perdita d’occhio; dall’altra, la scelta narrativa di non dare indizi drammaturgici temporalmente precedenti al fatto narrato, che trasporta lo spettatore in un universo diegetico dove anch'egli si scopre smarrito. Thriller marino dall’alto impatto emotivo, il film rappresenta il lento incedere verso la deriva di un uomo che, pur avendo tutti gli strumenti necessari, non riesce in alcun modo a fronteggiare la forza della natura. L'umanità è la vera protagonista, quella stessa umanità che si trascina al largo del mare della propria esperienza esistenziale, senza remi o motori per combattere contro il lento alternarsi di sole e stelle. Dopotutto la scelta di non dare un nome al marinaio interpretato da Robert Redford è emblematico: ogni individuo è un appezzamento di terra divorato dalle fameliche onde della vita. Al di là di qualsiasi interpretazione filosofica attribuibile al film, che veicola il suo messaggio quasi esclusivamente tramite la forza delle proprie immagini, All is Lost è prima di tutto un thriller che gioca con lo spettatore: stuzzica i suoi nervi e riesuma antiche paure ancestrali. La pellicola, quasi interamente muta, riesce a creare uno stato di suspance e di attesa degna dei migliori film di genere. Non si deve dimenticare, tuttavia, che nonostante le prodezze registiche di J.C. Chander, All is Lost si basa quasi interamente sulla capacità del veterano Robert Redford di reggere da solo il peso di un film in cui non ci sono dialoghi e dove non c’è nemmeno l’alternanza di passato e presente. Grazie anche all’ottima colonna sonora curata da Alex Ebert, il messaggio filtrato è di speranza, perché contro le avversità bisognerebbe rispondere con la forza e avere fiducia nelle proprie capacità . Un insegnamento, questo, reso alla perfezione dalla fisicità ormai ingrigita di Redford: marinaio un po’ attempato che usa l'esperienza come arma di difesa e che continua, nonostante tutto, ad andare avanti. E a commuovere.