Ad accogliere il giorno di San Valentino arriva nei cinema il romantico Storia d’inverno, la pellicola tratta dal romanzo omonimo di Mark Helprin che segna l’esordio alla regia dello sceneggiatore premio Oscar per A Beautiful Mind Akiva Goldsman. Nel ruolo del protagonista Peter Lake un insolito Colin Farrell, affiancato per l’occasione dal luciferino Russell Crowe e dalla bella Jessica Brown Findlay.
New York, anni ’10. L’abile ladro Peter Lake (Colin Farrell) incontra la dolce Beverly Penn (Jessica Brown Findlay) un giorno per caso, mentre è indaffarato a rubare in un appartamento di uno dei quartieri più lussuosi della città . La giovane è affetta da una forma mortale di tubercolosi ed è costretta a condurre una vita da reclusa tra le mura della propria casa. L’incontro tra i due dà inizio ad una storia d’amore destinata ad un tragico epilogo: se la ragazza sta vivendo i suoi ultimi giorni di vita indebolita dal male che la divora, l’uomo è minacciato di morte da colui che anni addietro lo avviò al mestiere di ladro, il demoniaco Pearly Soames (Russell Crowe). Egli è sulle tracce di Lake e farà di tutto per acciuffarlo ed eliminarlo una volta per tutte. Sfuggiti per un pelo ad un primo attacco di Soames, i due innamorati si nascondono in un luogo che sembra fatato ed irraggiungibile, nella speranza di poter vivere serenamente gli ultimi giorni del loro amore. Ma solo un miracolo potrà salvarli.
Non convince l'esordio dietro la macchina da presa di Akiva Goldsman che porta sul grande schermo una storia d’amore impossibile e continuamente minacciata dalle forze dell’inferno, rappresentate in modo efficace dal ghigno animalesco di Russell Crowe - la scelta più azzeccata e affascinante del film. Caotico, eccessivamente smielato, Storia d’inverno è un dramma con incursioni fantasy–religiose, idealmente suddiviso in due parti che abbraccia un arco temporale di 100 anni. Il regista butta nel calderone personaggi stereotipati, tagliati con l’accetta ed effetti speciali poco convincenti che non riescono a sopperire ai numerosi buchi di sceneggiatura. Se la prima parte in costume sembra essere la più convincente – la ricostruzione della New York di inizio ‘900 è impeccabile, cosi come i costumi dell’epoca – la seconda ambientata ai giorni nostri - poco curata ed eccessivamente sbrigativa - lascia con l’amaro in bocca lo spettatore che si sente depredato di uno scontro finale tra bene e male all’altezza delle aspettative. Non male l’interpretazione della giovane Brown Findlay, efficace nelle vesti dell’inguaribile romantica aggrappata alla vita; adeguato al ruolo anche Russell Crowe, demone senza pace che però non regala nessuno spunto narrativo interessante oltre alla propria sete di sangue; inadatto invece Colin Farrell, dall’aria da bambino sperduto più vittima inconsapevole degli eventi che combattente in difesa del proprio amore. La regia piatta e la mancanza di qualsiasi guizzo creativo, infine, non contribuiscono alla buona riuscita di un film che di certo non verrà ricordato negli annali del cinema.