Prodotto da Sky Italia, diretto – e narrato – da Walter Veltroni, Quando c’era Berlinguer è un racconto che, a trent’anni da quell’11 giugno, ricorda e tiene viva la memoria di Enrico Berlinguer, segretario del Partito Comunista per oltre dieci anni, dal 1972 al 1984, anno in cui, in quel di Padova, la sua vita venne improvvisamente stroncata da un ictus. Per Veltroni (che Berlinguer l’ha conosciuto, stimato ed ammirato sin da adolescente), il docu-film è un modo per riannodare i fili della memoria, con la nostalgia di una politica di passione sincera e di partecipazione popolare per riflettere – soprattutto – su quegli anni cruciali della storia italiana. Piazza San Giovanni in Roma, dozzine di quotidiani volano silenziosi sul prato antistante alla basilica. “Addio”, titola l’Unità. Ad affollare quelle pagine è il sorriso di Berlinguer, che proprio in quella piazza (in occasione dei suoi funerali) riunì almeno un milione di persone. "Chi è Enrico Berlinguer?": a chiederlo, Veltroni, non ha paura. Piuttosto, nei diversi licei di Roma (e di Sassari) fanno paura le risposte. "Un militare? Ah no, forse un poliziotto", dice una ragazza. "Ha fatto qualche guerra?", chiede un coetaneo. "Non l’ho studiato, io. È colpa del sistema scolastico", ironizza un altro studente. Poi, con un pizzico di ottimismo, arrivano le prime, vere risposte: "È stato uno degli uomini più influenti nella storia del Partito Comunista Italiano. Non si può non saperlo". Eppure, più di qualcuno ne ignorava l’esistenza. Da qui, non a caso, parte il ricordo di Veltroni, volto a ripercorrere solo un tratto della sua vita o meglio: del suo partito. Con Berlinguer, spiega l’ex sindaco di Roma, il PCI ha conosciuto un’ascesa memorabile, riuscendo a diventare il primo partito “rosso” nell’Europa democratica. Democrazia, difatti, sarà la parola chiave della sua politica interna ed estera. Quella democrazia che gli varrà le simpatie dell’America e le ben più dolorose antipatie dell’Unione Sovietica. Berlinguer si fece carico delle aspettative popolari, cercando un consenso sempre più travolgente, avallato dalle riforme sociali conquistate negli anni ’70, a partire da quella sul divorzio, di cui si rese grande – e primo – promotore. Proprio quel consenso costrinse l’Italia – nelle veci del suo primo partito, la Democrazia Cristiana – a dover fare i conti con i comunisti. Da qui, il celebre “compromesso storico”: unirsi alla DC per governare, finalmente, l’Italia anche coi colori del comunismo. A spezzare quel faticoso accordo sarà l’assassinio Moro, per Enrico fonte di grande dolore. Lui, come del resto Adreotti, presero parte al cosiddetto “fronte della fermezza”: trattare coi brigatisti era intollerabile. Dal caso Moro il PCI uscì pesantemente ridimensionato, restando fuori da qualsiasi maggioranza. Di lì in poi il documentario accompagna la vita del partito a quella di Berlinguer, che – grazie ad eccellenti testimonianze – verrà raccontata da dentro, da chi lo conosceva veramente. Quel comizio a Padova, dove Enrico scelse – nonostante l’ictus già in fase avanzata – di parlare alla folla presente, chiude la grande vita di un uomo timido, piccolo ma tenace. Da Giorgio Napolitano a Jovanotti, passando per Bianca Berlinguer ad Eugenio Scalfari (con le piccole, ma decisive, testimonianze di Michael Gorbaciov e Arnaldo Forlani), l'esordio di Walter Veltroni non solo rievoca abilmente gli anni ’70-’80 italiani, ma ridisegna – senza troppi giri di parole – la vita pubblica, politica ed anche privata di un uomo capace, ancor oggi, di commuovere persino chi l’ha conosciuto per pochi, pochissimi secondi. Enrico Berlinguer non aveva timore di esporsi, di sostenere i propri ideali a favore del suo comunismo. Quel comunismo originale e, ideologicamente parlando, a dir poco eccezionale. Veltroni, con altrettanto coraggio, è riuscito a riportare quell’ideale in termini attuali, ricordandone l’importanza, ma soprattutto la necessità di tanta energia.