Angelo Longoni, che mancava dal cinema dal 1997 col suo Facciamo Festa, torna con una pellicola che mostra sin dalle prime inquadrature un modus operandi apparentemente perfezionato nel corso di questi anni di assenza dai lavori cinematografici. Teso a voler indagare la vita quotidiana di due coppie che scoprono il tradimento del partner, la pellicola invece finisce con il presentare l’ennesimo, irrealistico ritratto di un’Italia che ormai probabilmente non esiste più – se non in minime dosi – e con la quale lo spettatore medio non può (e con buona grazia non vuole) più identificarsi. Lavoro autoreferenziale e sopra le righe, Maldamore non riesce a salvarsi neanche grazie all’aiuto di un buon cast. A causa di un baby-talkie lasciato acceso, Veronica (Ambra Angiolini) e Sandra (Luisa Ranieri) scoprono che i loro mariti le hanno tradite. Se la prima rischia di impazzire alla notizia che Marco (Luca Zingaretti) ha una relazione lunga con una ragazza appena ventenne, Sandra reagisce al tradimento di Paolo (Alessio Boni) con compostezza. Anche perché lei stessa deve ammettere all’uomo di aver avuto una scappatella. All’interno delle due coppie l’equilibrio vacilla fino a spezzarsi: mentre Sandra va a vivere dalla sorella e Paolo rincontra una sua vecchia fiamma, Veronica è ben determinata ad entrare nel club degli infedeli, e il vicino di casa Luigi (Eugenio Franceschini) sembra proprio fare al caso suo. Con Maldamore, Longoni dimostra di aver vissuto troppo a lungo nell’universo televisivo, tanto da non riuscire a creare un prodotto filmico che possa anche solo essere definito mediocre. Il regista, infatti, oltre a mostrare la bellezza di una città semisconosciuta al cinema come Trento, non riesce in nessun’altra missione. Gli attori che dirige sono costretti a ruoli quasi macchiettistici e dunque profondamente affettati. Le reazioni umane messe in gioco non solo non sono credibili, ma le varie interpretazioni dei personaggi, costretti ad urlare istericamente, sfocia spesso nell’esagerazione ad ogni costo che, a lungo andare, indispettisce lo spettatore più di quanto potrebbe fare una colonna sonora che viene riproposta di continuo. La banalità dell’argomento trattato – ossia il tradimento in campo amoroso – sarebbe stata giustificabile se il regista avesse, se non altro, presentato un nuovo punto di vista. Invece assistiamo all’ennesimo guazzabuglio di situazioni e piagnistei volti, infine, a veicolare un messaggio di fondo che sembra ancora una volta suggerire il perdono, visto che può accadere di peggio. La commedia di Longoni fa ridere raramente – e quasi sempre lo fa grazie al cameo di Ettore Bassi – e, oltretutto, non veicola nessun sentimento positivo. Allo spettatore non resta altro da fare che guardare l’orologio in attesa che il supplizio finisca.