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Prossima Fermata - Fruitvale Station

26/03/2014 11:00

Erika Pomella

Recensione Film,

Prossima Fermata - Fruitvale Station

Ci sono film che riescono a toccare le corde più intime dell’anima, mettendo l’essere umano di fronte ad una consapevolezza universale, fatta di abusi e violenz

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Ci sono film che riescono a toccare le corde più intime dell’anima, mettendo l’essere umano di fronte ad una consapevolezza universale, fatta di abusi e violenze spesso gratuite. A volte il paradosso sta proprio nel pensare che forse è questo il migliore mondo possibile concesso all’uomo. In questo pensiero terrificante, risiede la ruvida bellezza di Prossima Fermata – Fruitvale Station, che arriva in Italia, dopo aver vinto sia il Premio della Giuria che quello del Pubblico al Sundance.


Nella notte di capodanno del 2009, Oscar Grant (Michael B. Jordan), un padre di appena ventidue anni, è sulla metro, di ritorno dai festeggiamenti di famiglia per l’anno nuovo e per il compleanno della madre (Octavia Spencer), quando viene fermato da alcuni poliziotti e brutalmente ucciso da uno di loro. Prima di quel momento, Oscar era uno dei tanti emarginati a cui la vita sembra aver voltato le spalle, che non trova altro metodo di sopravvivenza al di fuori dello spaccio di droghe leggere. Spesso finito dietro le sbarre, il ragazzo era tenuto sotto controllo dalle donne della sua vita: la madre, la compagna, la figlia, tre figure femminili quasi lasciate ai margini, costrette a convivere con la paura di perdere il loro amato. Con un mucchio di scelte sbagliate alle spalle, Oscar rimane tuttavia un ragazzo fondamentalmente buono, il cui lato umano lo spinge ad allontanare teppistelli da quattro soldi che se la prendono con un cane randagio, e a riempire la propria vita del rapporto profondo e commovente con la figlia. Ma quella notte del 31, per seguire i consigli di una madre che ha paura di vederlo al volante dopo aver bevuto, Oscar prende i mezzi pubblici, dai quali si era sempre tenuto alla larga. E proprio in quei tunnel sotterranei, il destino del ragazzo si compie inesorabilmente.


Prossima Fermata – Fruitvale Station è un film che colpisce lo spettatore con la forza di un tornado, un pugno allo stomaco che mozza l’aria e spezza il cuore, portando in superficie un sentimento di sdegno e rabbia che solo i migliori prodotti cinematografici riescono a risvegliare. Una reazione che è resa possibile dall'atroce ritratto di una società impazzita, una storia vera che ferisce perché appartiene ad una sfera di quotidianità in cui tutti avremmo potuto incappare. Ryan Coogler costruisce una tensione serpeggiante, che mantiene alto il ritmo della pellicola, impedendo cali di attenzione. Il regista parte dalle immagini sgranate di chi, quella maledetta sera di capodanno, si trovava sulla metro. Quelle immagini che testimoniano l’orrore di una società dominata dal violento braccio della legge, in un abuso di potere di cui si conoscono fin troppi esempi. La pellicola mette dunque in scena anche una riflessione tutt’altro che scontata o anacronistica: chi controlla il controllore? Coloro che sono messi a guardia della giustizia sono essi stessi individui che dovrebbero sottostare ad un controllo più alto. Una riflessione che si impantana facilmente nel proverbiale circolo vizioso. Una domanda senza risposta, che continua ad echeggiare negli annali della storia, lasciando dietro di sé scie che grondano sangue. Ma la riflessione storica, per Coogler, diventa solo elemento di contorno: il vero protagonista della pellicola è Oscar Grant, la sua vita, la sua anima, la sua gentilezza rubata dalle avversità della vita. Il cuore pulsante del film è questo ragazzo che balla una danse macabre sul confine tra autodistruzione e voglia di continuare a lottare, tra amore per le persone che ha cuore e rassegnata consapevolezza che una via di fuga dal girone infernale in cui vive non esiste. Intendiamoci, Prossima Fermata - Fruitvale Sattion non è un film perfetto: a volte la regia è troppo sporca, a volte il racconto, con le sue ellissi e i suoi salti risulta poco lineare. Ma il cuore è lì, che piange e grida, che giura vendetta e chiede comprensione. E lo spettatore risponde. Nient’altro conta.


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