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Grand Budapest Hotel

05/04/2014 11:00

Marco D'Amato

Recensione Film,

Grand Budapest Hotel

Nell’Europa orientale, agli inizi degli anni ’20 del Novecento, rifulge nel pieno della sua notorietà il Grand Budapest Hotel, guidato dal concierge Gustave (Ra

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Nell’Europa orientale, agli inizi degli anni ’20 del Novecento, rifulge nel pieno della sua notorietà il Grand Budapest Hotel, guidato dal concierge Gustave (Ralph Fiennes) i cui modi eleganti e l’inarrivabile charme lo rendono l’idolo di una moltitudine di ricche dame attempate. Gustave prende sotto la sua ala protettrice il nuovo ragazzo tuttofare, Zero Moustafa (Tony Revolori), e lo coinvolge in una spericolata avventura alla ricerca di un quadro prezioso lasciatogli in eredità da una defunta riccona. Per ottenere quanto gli spetta, Gustave e Zero dovranno evitare la spietata vendetta della famiglia della nobildonna guidata da Dmitri (Adrien Brody) che gli sguinzaglierà contro il malvagio sicario Jopling (Willem Defoe).


Per i film di Wes Anderson si dovrebbe creare una nuova categoria che esuli dalle classiche definizioni cinematografiche di genere: difficile trovare un altro regista che personalizzi così tanto le sue opere da renderle facilmente riconducibili nel giro di poche sequenze. Un gusto vintage nella trama, nella fotografia e nelle inquadrature, nei colori pastello che caratterizzano i suoi personaggi e i suoi luoghi, qui sapientemente contrapposti alle tinte cupe e scure dei militari e dei villains, un umorismo e un gusto per la parola perduto eppure ancora così affascinante.


Anderson ci propone un pastiche di generi spaziando dalla commedia al giallo al noir, costruendo un mondo fantastico dove “impossibile” è un termine senza senso (la fuga dalla prigione, la sparatoria, l’inseguimento sulla neve) e l’intrattenimento è l’unica cosa che realmente conta; il tutto mantenendo il consueto tono sognante, surreale, in grado di donare leggerezza e calore all’intera pellicola. L’intera vicenda è raccontata a distanza di diversi anni all’interno dell’hotel, ancora splendido ma decadente, dall'ormai vecchio Zero Moustafa (F. Murray Abraham) che narra la sua storia a uno scrittore (Jude Law): la sua voce trasporta lo spettatore in un tourbillon di situazioni e personaggi affascinati che danno ad Anderson il pretesto per metter su un cast d’eccellenza: Jeff Goldblum (il deputato Kovacs), Saoirse Ronan (Agatha), Edward Norton (l’ispettore), Harvey Keitel (Ludwig) e ancora Bill Murray, Lea Seydoux, Tilda Swinton e Owen Wilson. Non c’è dubbio però che il vero catalizzatore del film sia l’ottimo Ralph Fiennes, autore di una delle migliori interpretazioni della sua carriera: il volto magnetico del suo Monsieur Gustave, la sua capacità affabulatoria e il suo rapporto di lavoro e amicizia con Zero (splendida anche l’interpretazione di Revolori) sono il collante che tiene insieme tutto il complesso apparato costruito dal regista. Spaziando da Lubitsch a Wilder, Anderson scopre l’ennesima gemma di una collezione che si fa sempre più ricca. Il film è dedicato allo scrittore austriaco Stefan Zweig le cui opere furono bruciate dai nazisti nel 1933.


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