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Nottetempo

07/04/2014 11:00

Riccardo Cotumaccio

Recensione Film,

Nottetempo

Per Francesco Prisco, classe ’76, Nottetempo vale il primo, vero esordio in sala...

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Per Francesco Prisco, classe ’76, Nottetempo vale il primo, vero esordio in sala. Dopo essersi cimentato con pubblicità, spot e cortometraggi, per il regista di Frattamaggiore, questo primo lungometraggio fa da grande salto nel mondo del cinema. Per Giorgio Pasotti, invece, il film prodotto da Elsinore Film - in collaborazione con Nuvola Film e Run Comunicazione - vale il ritorno in scena da unico protagonista, dopo diversi anni. È un film dai molti significati, nonché dagli altrettanti intrighi, in un viaggio – quello da nord a sud – che coinvolgerà per caso le vite di tre personaggi, legate in modo indissolubile l’una all’altra.


Una corriera va fuori strada e si rovescia. Assia (Nina Torresi) è l’unica sopravvissuta. È una giovane ragazza alla ricerca del vero amore, che però crede d’aver già incontrato, proprio su quell’autostrada. Enrico (Gianfelice Imparato) è un cabarettista che non riesce più a fare ridere; in quell’incidente ha perso qualcosa di troppo importante, e proprio per questo – licenziato, e senza più alcuna ragione di vita – sceglie di armarsi e di partire a caccia della sua vendetta. Matteo (Giorgio Pasotti), poliziotto e giocatore di rugby, è il primo ad arrivare sul luogo dell’incidente. Poco prima dell’esplosione del bus, un dejà-vu provoca in lui il desiderio di trasferirsi altrove e di ricominciare da capo la sua vita, a caccia di un passato lontano, misterioso, ma ben vivo nei suoi ricordi. La decisione di rincorrere i personaggi di quel passato cambierà per sempre il suo destino e quello di coloro che lo seguono in una folle corsa contro il tempo, e contro risposte che stravolgeranno la loro vita.


Nottetempo, film dalla sceneggiatura intricata, oscura, spesso maligna, nasconde in sé alcuni dei tipici difetti dell'opera prima, lasciando spazio a quesiti spesso irrisolti, o perlomeno non del tutto chiariti. E se il personaggio di Pasotti vuol apparire cattivo, egoista, cinico, la descrizione effettiva del personaggio non evidenzia al meglio quei difetti, mostrandoli quasi di fretta, senza volerli approfondire. Nonostante il grande potenziale, però, scene superficiali, evitabili, ed altre ben più ampliabili, fanno del lungometraggio un viaggio a metà, in quella che sicuramente avrebbe potuto risultare una pellicola ben costruita. Gli attori fanno il loro, da Pasotti ad Imparato, che ben riesce, invece, ad interpretare il ruolo dell’uomo ferito, che non ha più nulla da perdere e che quindi si butta a capofitto in un vicolo cieco, alla ricerca di una risposta che non può e forse non vuole avere. Certo, un esordio in sala non è impresa da poco, e a Prisco, il tempo per far meglio, dopo questo timido e trascurabile tentativo, non mancherà di certo.


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