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Rio 2: Missione Amazzonia

25/04/2014 10:00

Martina Calcabrini

Recensione Film,

Rio 2: Missione Amazzonia

Fuochi d’artificio, ritmi caraibici, esplosioni di colori...

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Fuochi d’artificio, ritmi caraibici, esplosioni di colori. A tre anni di distanza dal fortunato Rio, Carlos Saldanha torna in cabina di regia per firmare Rio 2- Missione Amazzonia, pellicola eccentrica ed esuberante che utilizza una sofisticata CGI per far riflettere lo spettatore sul vero valore della famiglia.


Rio de Janeiro, giorni nostri. Dopo essere scampati al pericolo dell’estinzione, Blu (Jesse Eisenberg) e Gioiel (Anne Hathaway) sono diventati i genitori di Carla, Bia e Tiago, e vivono in una riserva naturale protetta. Quando Linda (Leslie Mann) e Tullio (Rodrigo Santoro) scoprono tracce di ara macao blu in Amazzonia e partono per una spedizione di bird watching, Blu e la sua famiglia decidono di lasciare la metropoli per scoprire la verità. Di fronte ai pericoli della foresta e alla riluttanza di Edoardo (Andy Garcia) e Roberto (Bruno Mars), rispettivamente padre e amico d’infanzia di Gioiel, Blu sarà costretto a sfoderare tutto il proprio coraggio per farsi accettare dalla tribù e proteggerla dall’incombente deforestazione.


Coriandoli, musica, maschere: Blu e i suoi amici conducono un’esistenza agiata e tranquilla, sfruttando il carnevale per dare libero sfogo alla fantasia e creare spettacoli innovativi e coinvolgenti fino a quando, davanti alla possibilità di riscoprire le proprie origini, il protagonista e la sua famiglia decidono di abbandonare le proprie sofisticate abitudini cittadine per avventurarsi nella selvaggia foresta amazzonica. Senza regole né convenzioni sociali da rispettare, i protagonisti riescono ad assaporare la vita nelle sue mille sfaccettature, imparando ad accettarne le difficoltà e ad assaporarne le piccole vittorie. Gli scenari incontaminati, esotici ed ameni, così, prendono presto il posto delle strade affollate e rumorose, sostituendo al caos cittadino, il suono della natura e il richiamo dei propri simili. Blu, poco propenso ad abbandonare i comfort tecnologici ed ultramoderni a cui è abituato, per amore della propria famiglia, comunque, decide di lasciarsi sedurre dall’imprevedibilità della vita. Nonostante i pericoli della giungla e la darwiniana legge del più forte, però, il macao non ha un vero e proprio villain da sconfiggere. Sebbene Roberto sia la sua nemesi e Miguel abbia elaborato un infido piano per ucciderlo, Blu lotta soltanto contro se stesso e contro la sua incapacità di mettersi in gioco. Pur utilizzando gag in stile slaspstick comedy, Saldanha, dunque, confeziona una sceneggiatura schematica e monocorde, che, abusando di coreografie e siparietti tragicomici, spezza ripetutamente il ritmo della narrazione. Seppur sedotti dai colori spumeggianti e dalle musiche cult di John Powell che ribadiscono l’importanza della sincronia tra immagine e suono, gli spettatori non riescono davvero ad appassionarsi alla vicenda e a sentirsi parte integrante dello spettacolo.


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