Adam (Tom Hiddleston) vive a Detroit, ed è un vampiro. Quando non è occupato a recarsi all’ospedale dove un medico corrotto gli concede il sangue di cui ha bisogno, Adam vive recluso in casa sua, con l’unica compagnia della musica e degli strumenti che l’amico Ian gli porta. Adam odia l’umanità e gli uomini – che lui definisce zombie – lo disgustano al punto da renderlo una sorta di eremita. Eve (Tilda Swinton) vive in Marocco, ed è la compagna immortale di Adam. Al passo con il progresso e incuriosita da tutto ciò che è tecnologia, Eve si nutre di sangue 0 che riceve da un maestro illustre. Quando finalmente Adam e Eve si rincontrano non sanno che le loro vite, piene di cultura, musica, letteratura e conoscenza, stanno per essere sconvolte dall’arrivo di Ava (Mia Wasikowska). È impossibile non farsi prendere dalla tentazione di scorrere l'estesa filmografia vampiresca ogni volta che una nuova rilettura cinematografica del tema giunge a compimento, soprattutto in tempi sempre più affascinati da queste creature secolari e dalla loro contemporanea rappresentazione come personaggi adamantini sofferenti per amore. Per quanto la tematica dei non-morti sia stata sviscerata in tutte le sue declinazioni, tuttavia il cinema e gli appassionati avevano bisogno di un film come l'ultimo di Jim Jarmusch, presentato a Cannes nel 2013. Attenzione, però: questi vampiri che hanno le fattezze eleganti e diafane di Tilda Swinton e Tom Hiddleston non sono arrivati per recuperare il vecchio mito del Nosferatu. Jarmusch piuttosto recupera le tradizioni e le riscrive con la sua poetica, facendo di questi due esseri immortali delle figure quasi evanescenti, più preoccupati di cibarsi di cultura che di sangue. Adam ed Eve – come i padri biblici dell’umanità da cui ereditano il nome – sono due vagabondi della notte, due esseri lasciati soli nell’universo, con la sola compagnia l’una dell’altro in grado di dar senso al caos in cui è precipitato il mondo. Eccoli allora che si muovono quasi danzando in una Los Angeles definita da Adam “la culla degli zombie”: sono due esseri alla deriva, eppure, allo stesso tempo, padroni di quell’universo che con le sue stelle continua a ruotare intorno a loro. Quella di Jarmusch - come altre sue opere - è una pellicola non facilmente commestibile, che gioca molto con la sensibilità di chi guarda e che fa dei propri tempi allungati, dei dialoghi quasi spezzati, il proprio punto di forza e allo stesso tempo il difetto più grande. Only Lovers Left Alive è proprio come i suoi protagonisti: si trascina lento, verbale e oscuro verso il finale. Ci sono parentesi lunghe in cui si parla di tutto, riflettendo su arte, musica, amore e caos. La riflessione che il regista di Dead Man sembra fare della vita e delle cose veramente importanti passa attraverso uno stile a tratti pedante che ha il merito di mettere in scena una sorta di oscura cosmogenesi, dove la malinconia del tempo passato e il timore del presente vanno di pari passo con una sotterranea speranza di rinascita e crescita. Perché il segreto sembra stare proprio in questa nuova forma di vampirismo: cibarsi di arte e di amore per sopravvivere. Amare il mondo e tutto ciò che esso contiene sembra essere la ricetta che Jarmusch offre agli spettatori e ai suoi protagonisti per vincere il disfacimento di un oggi devastato da una crisi esistenziale e culturale incessante. Ecco allora perché Eve cerca di risvegliare il suo compagno, di allontanarlo dalla sua depressione costante. Ama, sembra dirgli. Vivi. Solo amando si sopravvive. E solo chi ama resta vivo, fin nelle profondità di un’anima secolare.