Al confine tra Toscana e Umbria, fra anni ’80 e ’90, Gelsomina (Maria Alexandra Lungu) vive nella fattoria di famiglia con il padre tedesco e autoritario (Sam Louwyck), la dolce madre (Alba Rohrwacher) e le tre sorelle. In una dimensione in cui il mondo esterno fatica ad entrare, gli equilibri familiari saranno scossi quando nel paesino di Gelsomina arriverà la troupe di un celebre programma televisivo, "Il paese delle meraviglie". Alice Rohrwacher ha trentatré anni, un esordio, tre anni fa, a Cannes con la pellicola Corpo Celeste nella Quinzaine des Realisateurs e una sorella famosa, Alba, doppio David di Donatello e un Nastro d’Argento. La ricetta per il successo sembrava già scritta: giovane promessa del cinema, inizi autoriali e un’attrice in famiglia da rendere protagonista di un’opera seconda più ambiziosa, più sofisticata. Sebbene la regista abbia rifiutato di netto qualsiasi assegnazione di autobiografismo, Le Meraviglie è una pellicola interessante soprattutto in virtù di queste, rinnegate, suggestioni diaristiche. Insieme a una storia, a un set suggestivo e ad un cast coraggioso, prevalentemente femminile - su cui spicca la bella interpretazione della sorella Alba -, Alice Rohrwacher dispone infatti di una sensibilità sufficientemente matura per cimentarsi in un racconto più complesso rispetto all'opera prima, costruito lungo la metafora dell’ape regina e intorno al tema dell'assunzione di responsabilità e potere. Attraverso la delicata fisicità della sorella Alba e delle brave giovani attrici protagoniste, la regista veicola una storia sospesa tra ricordi, nostalgia e un pizzico di onirismo, accentuato in salsa fiabesca con l’ingresso in scena della presentatrice/fata bianca interpretata da Monica Bellucci. Al netto di un’idea suggestiva, però, Alice Rohrwacher rinuncia a molta della sicurezza che aveva manifestato nel suo esordio, in favore di una pellicola che sin dalle prime sequenze rivela tutte le sue debolezze - soprattutto contenutistiche - in una sfilata di clichè che vanno dalla provincia narrata attraverso gli occhi di una bambina al rapporto genitori/figli sino alla percezione del consumismo e alle decisioni esistenziali. Anche nelle scelte di cast si mostra il dissidio della regista che, indecisa fra un film corale e un racconto autocentrico, genera un divario piuttosto accentuato fra le attrici e gli attori: insieme ai troppi comprimari, è soprattutto il padre, personaggio intorno al quale si sviluppa un tema quasi edipico e che avrebbe richiesto maggiore carisma, ad essere invece abbozzato senza troppa fortuna dalla recitazione stentata di Sam Louwyck. Di contro ad una resa estetica piuttosto riuscita, sulla quale spicca la bella fotografia e alcune sequenze notevoli - come quella delle api sul volto, che veicola il marketing del film – la sceneggiatura di Le Meraviglie è un risultato inconsistente, che vuole raccontare troppe cose contemporaneamente e si mostra infine incapace di esaurirne anche solo una.