In occasione del ventennale della morte di Federico Fellini, Ettore Scola - amico del celeberrimo regista riminese - realizza il suo omaggio ad uno degli autori più importanti del cinema mondiale, creatore di capolavori immortali come La dolce vita e Otto e mezzo. Che Strano chiamarsi Federico è un film semplice, la descrizione di una personalità che ha dato tanto al cinema, e a allo stesso Scola, intimo confidente di Fellini. Narrato in terza persona dall'attore Vittorio Viviani e alternando immagini di repertorio con una finzione appositamente ricreata, la pellicola ripercorre gli inizi del giovane Fellini (interpretato da Tommaso Lazotti), dagli esordi come vignettista presso il giornale satirico Marco Aurelio, alla conoscenza di personaggi di spicco della grande epoca del cinema italiano come Ruggero Maccari, Steno e Age & Scarpelli fino ai primi successi come regista. Scola intreccia la vicenda di Fellini con la propria, quasi a volerne ripercorrere i passi, a voler realizzare un'opera-ricordo di un'amicizia mai svanita. A confermare questo, Che Strano chiamarsi Federico è un film che si concentra poco su un racconto agiografico, ripercorrendo la cronologia degli eventi più importanti della straordinaria filmografia felliniana, ma il cuore del film sta nella sua forma di flusso di coscienza che lavora per pezzi di memoria, anche difettosa per come si abbandona troppo facilmente a lirismi e nostalgie, lacrime e tempi perduti. Si rivede la figura di Fellini come un ragazzo che ha realizzato un sogno, e come quel sogno sia stato d'ispirazione a molti. Scola guarda ad altezza bambino, si abbandona a frasi favolistiche come “Il narratore non paga” riferito al cantastorie Viviani, e aneddoti pronunciati da Fellini stesso come “Ogni artista ha bisogno di una scadenza per poter esprimere la propria creatività”. Storia di un'amicizia che traspare nella sua più onesta sincerità, anche abbondando in retorica. Forse è questo il problema maggiore della pellicola, che non ha la capacità di analisi e di contesto di prodotti migliori e a livello estetico poteva essere più elaborato visto il personaggio trattato. Un'opera che si limita ad essere una celebrazione, indubbiamente sentita, a uno dei più grandi registi vissuti e che Scola ha avuto il privilegio di conoscere.