Per festeggiare il trentesimo anniversario di matrimonio, Nick (Jim Broadbent) e Meg (Lindsay Duncan) decidono di partire alla volta di Parigi, la "ville lumiére" meta simbolica per gli innamorati di tutto il mondo. Il fine settimana parigino, però, non va come i due avevano pronosticato: tra i vicoli della capitale francese, Meg e Nick cominciano a riscoprire se stessi e il proprio rapporto, portando in superficie infelicità , dubbi e rimpianti. Reduce dall’insipido A Royal Week End, il regista Roger Michell torna a puntare l’occhio della sua macchina da presa su tre giorni specifici, un week end che ha lo scopo potenziale di ribaltare l’andamento di un’esistenza. Privatosi di bagagli fatti di personaggi ingombranti e dell’opprimente ombra della Storia, il regista sceglie piuttosto di concentrarsi su due persone comuni che, dopo aver accettato di condividere l’esistenza, si trova di colpo con un pugno di mosche in mano, fronteggiando spesso un partner che ha le fattezze di uno sconosciuto, un labile ologramma di una persona che un tempo si è amata al punto da decidere di regalarle metà della propria vita. Allo stesso tempo, però, Michell non si limita alla rappresentazione di un rapporto che comincia a mostrare le proprie fragilità in terra straniera: il regista racconta una coppia come tante, che a volte non si sopporta, ma che a volte non riesce a resistere senza l’altro. Nick e Meg sono due persone deluse, in buona misura, anche dalla persona che hanno scelto per la vita; eppure allo stesso tempo sono due esseri umani che stanno invecchiando accanto a colui - o colei - che, forse, li conosce veramente. Le Week End è un film intimo, attento, che ogni tanto inciampa in se stesso, proponendo vistose cadute di ritmo in cui lo spettatore si sente quasi smarrito; eppure, a ben guardare, questa struttura altalenante ben si sposa con la rappresentazione di una coppia che è anch’essa discontinua, sospesa tra routine e avventura, tra paura di rimanere soli e voglia di guardare avanti, nonostante tutto. In questo senso allora la regia di Michell si mostra senz’altro intelligente nel rappresentare la quotidianità e, al tempo stesso, l’eccezionalità di questi due protagonisti persi nelle proprie scelte di vita. Ottime le interpretazioni di Jim Broadbent e, soprattutto, di Lindsay Duncan, dotata di un’eleganza innata per descrivere la fragile e schizzinosa Meg. Un ultimo cenno va fatto allo scenario di fondo, la Parigi tanto decantata da poeti e registi che, pare, abbia il dono di salvare l’amore e renderlo più forte. Una Parigi che Michell dipinge attraverso i tetti d’ardesia, i vicoli nascosti dietro i grandi boulevards. Una sorta di protagonista aggiunta che avvolte Nick e Meg, li confonde e li riavvicina, ballando con loro uno strano tango che lo spettatore segue, a metà strada tra l’empatia e la malinconia.