Un vero e proprio cast di star per questo tiepido remake del misconosciuto film franco-svizzero Mon frère se marie, uscito nel 2006 racimolando scarsi consensi sia di critica che di pubblico. Questa rivisitazione made in Hollywood, che qualitativamente si discosta ben poco dall'originale, è diretta da Justin Zackham (anche autore della sceneggiatura), al suo secondo lungometraggio di finzione dopo il fortunato Non è mai troppo tardi, e può contare su nomi di primissimo piano, Big Wedding è stato però un flop ai botteghini statunitensi, incassando nel weekend d'uscita l'esigua cifra di 7.5 milioni di dollari. E non è difficile comprenderne i motivi. Alejandro (Ben Barnes), figlio adottivo, di origini messicane, di Don (Robert de Niro) ed Ellen Griffin (Diane Keaton), è prossimo alle nozze con la fidanzata Missy (Amanda Seyfried). In arrivo dalla sua terra natia per presenziare alla cerimonia è la madre biologica del ragazzo, insieme all'altra figlia Nuria (Ana Ayora). Nel frattempo fervono i preparativi in casa Griffin, nella quale fa ritorno anche Ellen, divorziata da diverso tempo dal marito che ora convive con la ex-miglior amica della moglie, Bebe (Susan Sarandon). Alejandro, per far credere che la sua famiglia adottiva fosse un nido felice, ha sempre raccontato alla sua vera madre che Don ed Ellen erano ancora sposati, costringendo ora le persone della sua famiglia a fingere il falso. E in tutto questo gli altri due figli di Don, Jared (Topher Grace) e Lyla (Katherine Heigl), stanno vivendo un periodo cruciale delle loro vite: lui finisce per innamorarsi di Nuria, mentre Lyla è in attesa di un figlio. Zackham tenta di compensare con l'accumulo di personaggi e situazioni la pochezza del contesto, fallendo però miseramente nell'impresa. Big wedding è un film già banale nei presupposti e che, a dispetto di intenti "politicamente scorretti" si conferma un'operazione profondamente moralista che raggiunge apici di squallida retorica nei minuti finali. Una commedia priva di guizzi, con dialoghi sciatti (se ne salvano solo una manciata nei 90 minuti di visione) che non aggiunge nulla al copioso filone dei wedding movie, inserendo sottotrame di contorno atte a mascherarne la penuria complessiva e a portarne il minutaggio al minimo sindacale. Neanche la velata virata malinconica che si insinua nell'ultima parte serve a smuovere quel senso di generale apatia che impedisce qualsiasi istinto empatico con la storia ed i suoi protagonisti, gettati in un guazzabuglio narrativo privo di solide fondamenta. In questo mix di comicità grossolana e buoni sentimenti è proprio il cast a pagarne il maggior dazio, con un trattamento indecoroso riservato al personaggio di un Robin Williams completamente fuori parte; elevano in parte la qualità attoriale le interpretazioni di una frizzante Sarandon e di una compassata Katherine Heigl, ma è davvero troppo poco per risollevare le quotazioni di un film vecchio, nella peggior accezione del termine, di almeno dieci anni.