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Un giorno come tanti

07/07/2014 11:00

Martina Calcabrini

Recensione Film,

Un giorno come tanti

Malinconia, solitudine, abbandono...

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Malinconia, solitudine, abbandono. La fine di una storia d'amore intensa e appassionata è sempre dolorosa, spesso troppo per lasciare indenni gli innamorati. Intenzionato ad analizzare la contrastante natura del sentimento amoroso, il regista Jason Reitman (Juno, Tra le nuvole, Young Adult) realizza Un giorno come tanti, un intenso adattamento cinematografico del romanzo Labor day di Joyce Maynard.


1987,  New Hampshire. Dopo essere stata lasciata dal marito, Adele Wheeler (Kate Winslet) ha perso la voglia di vivere e passa le giornate rinchiusa tra le mura della sua casa. Il piccolo Henry (Gattlin Griffith) si prende cura di lei e, attraverso la sua dolcezza e la sua sensibilità, cerca di renderle le giornate meno amare. Un giorno, mentre si trovano al supermercato a fare la spesa, incontrano Frank Chambers (Josh Brolin), un uomo ferito e arrabbiato che li costringe a dargli un passaggio e ad ospitarlo in attesa che sia il momento migliore per fuggire lontano. Nonostante l'iniziale ritrosia, madre e figlio si affezionano subito all'uomo in modo pericoloso.


Il New Hampshire è una cittadina periferica costellata da case color pastello immerse nella radura e avvolte da un silenzio assordante che le isola dalla vicina metropoli. Colpita da una profonda delusione amorosa, Adele ha perso la voglia di lottare per affermare se stessa e per mantenere il suo ruolo di donna e di madre. Il figlio la accudisce e la protegge quotidianamente dagli orrori del mondo cercando di evitare che il suo stato depressivo peggiori inesorabilmente. L'amore del bambino, però, non riesce a sostituire l'equilibrio, la sicurezza e la stabilità che le garantirebbe quello di un uomo. Ecco perché l’improvvisa e irruenta presenza di Frank in casa, la sua capacità di provvedere ai loro piccoli bisogni quotidiani e la sua abilità nel capire i malesseri adolescenziali del ragazzo, si delinea come una ventata di aria fresca e come una chimera di distanza dalle ingombranti ombre del passato. Attraverso una narrazione in prima persona vissuta direttamente sulla pelle dei personaggi, in cui presente e passato sono fusi perfettamente, Reitman racconta la storia dello scoppio di una passione intensa e sensuale che risveglia i sensi e l'anima. Consapevole di non essere più sola, Adele si riscopre la donna forte che era in origine, riacquista sicurezza e si prepara a sfidare i pregiudizi di una società gretta e bigotta. Il regista si avvicina alla sua vicenda, ne sposa la causa e cerca di lenirne tutte le ferite, sostituendo alle iniziali tinte scure, quelle chiare e luminose degli ultimi fotogrammi. Alternando panoramiche e primi piani esasperati, lo spettatore riesce, allora, ad ambientarsi nel paesaggio e ad avvicinarsi alle vicende più intime e drammatiche dei suoi residenti, condividendone gioie e dolori.


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