Meghan (Elizabeth Banks) è una bella e brava giornalista, conduttrice di un telegiornale locale, pronta a fare il grande salto verso un'emittente più prestigiosa. Quando però scopre che a lei è stata preferita una collega di un altro network, Meghan (da poco abbandonata dal fidanzato) decide di trascorrere una serata folle per dimenticare insieme alle due amiche del cuore. Con indosso un vistoso e sexy abito giallo la ragazza viene abbordata fuori da una discoteca da Gordon (James Marsden), un eccentrico scrittore. Ma nella notte riceve un messaggio dal suo agente che le comunica il cambio di idea da parte dei produttori per cui si era candidata, che ora la vogliono come nuova anchorwoman. A causa di una serie di sfortunate coincidenze Meghan si ritroverà per le strade di Los Angeles priva della sua borsa e del suo cellulare e dovrà riuscire a giungere in tempo alla propria emittente per condurre il suo ultimo tg, definitivo banco di prova per il suo salto di carriera. Con un plot di partenza che si rifà vagamente a due cult inossidabili come Fuori orario e Tutto in una notte, Una notte in giallo aveva le potenzialità per elevarsi nel marasma delle commedie americane contemporanee. Ma il regista di scuola apatawiana Steven Brill, la cui scanzonata filmografia conta anche due dei film meno riusciti con protagonista Adam Sandler (Little Nicky - Un diavolo a Manhattan, Mr. Deeds), è incapace di gestire alla lunga il gioco e ben presto la narrazione si sfilaccia ingarbugliandosi su sé stessa in una costante monotonia di personaggi e situazioni fino ad un finale con tanto di surrogato di etica spiccia condensato in un monologo tanto fastidioso quanto prevedibile. Ed è un peccato perché in alcune situazioni Walk of Shame (il titolo originale, che scimmiotta la nota Walk of Fame delle star di Hollywood) riesce a strappare qualche risata, grazie ad una manciata di dialoghi serrati e frizzanti e alla simpatia della bella Elizabeth Banks, discretamente a suo agio nei momenti più comici. Brill, anche autore della sceneggiatura, decide di condurre la sua protagonista in un improbabile viaggio tra gli stereotipi (poliziotti imbecilli, neri spacciatori, ebrei che vedono la donna come tentazione maligna) che dopo la prima mezz'ora perde di solidità rivelandosi soltanto una sequela ininterrotta di gag e personaggi al limite del macchiettistico, bruciando tutte le possibilità derivate dall'incipit di partenza. Non è un caso che, fra tutte le figure di corollario (nel cast anche l'X-Men James Mardsen), quella che ispira più simpatia nella sua breve apparizione sia un gatto un po' birbante che crea qualche grattacapo a Meghan.