In Concorso a Venezia era atteso con curiosità e tantissimo scetticismo il Pasolini di Abel Ferrara, che non ha disatteso le aspettative: è un film sbagliato sotto troppi punti di vista, tanto da farci chiedere perché il regista abbia voluto cimentarsi in un’opera così delicata senza avere a monte un piano preciso. L’impressione che si ha dalla visione della pellicola è che Ferrara abbia voluto perlustrare un territorio che non conosce: il risultato del suo lavoro è una versione "pizza, spaghetti, mandolino" delle ultime ore di vita di un personaggio tanto complesso qual è Pier Paolo Pasolini. Il primo basico livello narrativo è stringato e frettoloso: Pasolini (Willem Dafoe), di ritorno da Stoccolma, pranza con la famiglia e poi si ritira a scrivere Petrolio. Per cena esce e, in un ristorante, incontra Ninetto Davoli (Riccardo Scamarcio); in tarda serata, dopo aver caricato sulla sua macchina un ragazzino, lo porta a cena e infine al famoso idroscalo di Ostia, luogo dove viene brutalmente ucciso da tre sconosciuti. Su questa ossatura si innestano tre tematiche narrative legate alla sua produzione artistica: Salò, Petrolio e il mai compiuto Porno-Teo-Kolossal. La prima tematica è di sicuro la più tollerabile: Pasolini parla di Salò esponendo gli aspetti principali del suo pensiero artistico. La scelta registica di optare per due lunghe video-interviste non dispiace, specialmente l’ultima famosa conversazione con Furio Colombo. Anche la parte dedicata a Petrolio, agli aspetti quindi più visionari della produzione creativa del protagonista, non sono poi così stranianti rispetto al disagio che si riceve nella visione complessiva dell’opera. È nella parte finale, nella scelta di inserire le sequenze immaginarie di Porno-Teo-Kolossal che il film tocca decisamente il fondo, con Ninetto Davoli - che nonostante tutto offre una grande prova - nel ruolo di Epifanio (ruolo pensato da Pasolini per Eduardo De Filippo) e Scamarcio nella parte di Nunzio. Da qui in poi è un impietoso incedere di scelte registiche discutibili, a partire dalle scelte linguistiche che mescolano italiano e inglese. L’unico Pasolini che esce vincente da questo film è quello di Willem Dafoe, mentre allo spettatore resta una trama poco avvincente, asettica e senza personalità . Molto "turistica". Un Pasolini for dummies.