Ancora un film sul rapporto stato-mafia negli anni della prima Repubblica. Come se la cinematografia ne sentisse il bisogno. Non solo, questo ennesimo film è persino stato presentato alla Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, Fuori Concorso. Altro indizio: il tema del docu-film è un tentativo di spiegazione della famosa "trattativa" Stato-Mafia. Descrivere, insomma, le vicende e gli intrecci politici che dagli anni '60 in poi conducono al periodo '92-'94, con gli omicidi di Falcone e Borsellino, fino alla vittoria elettorale di Silvio Berlusconi. La Trattativa, ideato e diretto da Sabina Guzzanti, è un prodotto che - nonostante i limiti legati all’argomento stra-visto - è stato accolto al Lido con un lungo applauso, per la sua originalità che non gli permette di essere imbrigliato all'interno di una sola categoria cinematografica. Partendo dall’impianto, la pellicola ha un primo livello di rappresentazione dell’azione assolutamente "teatrale": alcuni "lavoratori dello spettacolo" (la citazione è chiaramente del film di Elio Petri su Giuseppe Pinelli) decidono - dopo che per anni i media hanno bombardato gli spettatori con versioni diverse e discutibili - di voler raccontare la propria versione sui rapporti fra Stato e Cosa Nostra. Nel farlo scelgono la forma di rappresentazione che è loro più consona: la messa in scena. La performance, quindi, si basa su un "testo teatrale" grottesco, rappresentato da fatti accertati e da ricostruzioni a verbale dei collaboratori di giustizia in merito alle famose vicende che hanno avuto luogo tra il 1992 e il 1994. L'azione scenica, in quanto manifesta, salta dal piano reale al piano della finzione in un continuo mostrarsi e celarsi. In questo movimento tra piani, gli attori che escono ed entrano di continuo dal proprio ruolo sono funzionali all’efficacia interpretativa della pellicola e alla caratterizzazione e ricostruzione dei personaggi. Questo espediente narrativo consente a ogni soggetto di uscire da sé e ritornare attore per potersi spiegare, quando gli intrecci storico-politici sono di non semplice lettura, supportando così il pubblico nella fruizione della trama. Non solo. Si innestano nella pellicola anche elementi provenienti dal mondo reale: filmati di repertorio e testimonianze dirette sono affiancati da elementi meravigliosamente fumettistici, come storyboard animate, che fanno sì che il prodotto finale sia un’interessante variazione sul tema. Anche laddove alcune gag suonano come già viste e altre non riescono a smorzare i momenti più drammatici, La Trattativa non perde minimamente di valore. Comprimendo le parti documentaristiche e collocando la vicenda su un set con quinte a vista e personaggi caricaturali, la regista - supportata dalla fotografia studiata di Daniele Ciprì - mette in scena uno dei drammi che appartiene alla storia comune, invitando i testimoni a svelarsi, come i suoi attori si tolgono la maschera su questo "palcoscenico cinematografico".