Oscar (Sergio Castellitto) è un avvocato fallito che vive di piccole truffe. Armando (Rocco Papaleo) è stato in carcere 27 anni per un delitto che dice di non avere commesso. Si conoscono per caso e dall’incontro Oscar ha un’idea che è una nuova occasione di guadagno: far ottenere ad Armando un risarcimento milionario. Tra i due inizia così una forzata convivenza che darà il via a situazioni surreali, con l’aiuto di personaggi esilaranti, di un cagnolino e della dolce barista Carmen (Valeria Bruni Tedeschi). L’eco di una vecchia domanda, ronzata alle orecchie dei fan dei due registi siciliani sin dalla loro separazione cinematografica, torna a farsi sentire: ma Cinico tv era una creatura più di Ciprì o più di Maresco? Se qualsiasi risposta definitiva parrebbe al momento troppo pretestuosa, ancora più di qualsiasi analisi critica parlano da sé i due film contemporaneamente in sala: da una parte Belluscone di Franco Maresco, dall’altro La buca di Daniele Ciprì. Per la prima volta, i due registi approdano alle sale cinematografiche insieme ma con due film solisti e, almeno per gli ammiratori di quel vecchio stile esilarante e scorretto, non c’è dubbio che il confronto sia rivelatorio. Se dopo una lunga assenza artistica, Maresco ha realizzato un docufilm originale e spietato - con personaggi che rievocano quelle stesse atmosfere umanamente decadenti della Palermo dei bassifondi -, Ciprì si scopre un talento della commedia realizzando, due anni dopo È stato il figlio, una pellicola che stabilisce una svolta fra il suo passato in coppia e il suo presente autonomo. La buca, da dichiarazione del suo regista, è un film che cita la grande commedia del passato, quella italiana di Dini Risi come quella americana di Billy Wilder, con un impianto tragico sul quale si innesta una vicenda leggera e pressappoco positiva. Protagonista, una coppia comica che evoca i più celebri duetti di Gassman e Tognazzi e ancora di Lemmon e Matthau. I tempi neri di Cinico tv, come de Il ritorno di Cagliostro e Totò che visse due volte, sono passati lasciando il posto a un umorismo solo lievemente grottesco, in cui il surreale si vela appena di un vago grigiore di fondo, un’amarezza definitivamente stemperata di buoni sentimenti. Se già È stato il figlio – nonostante l’ambientazione palermitana e l’occhio ancora rivolto all’umanità più reietta e alle sue più grottesche storie - manifestava un desiderio di leggerezza, La buca sancisce un netto voltare pagina del suo autore rispetto allo stile del passato e l’assimilazione di un genere che lascia ben sperare in un futuro più radioso per la commedia italiana. Nonostante l’ultima creatura del regista siciliano sia un film gradevole e - si direbbe - colto per citazioni e modelli, Daniele Ciprì viaggia ormai in una direzione anni luce distante dalle caratteristiche che lo hanno contraddistinto nelle opere precedenti in coppia con Franco Maresco. Se da un lato sono da lodare la capacità trasformistica come anche il notevole aggiornamento di linguaggio cui Ciprì sottopone il suo nuovo cinema - che pur qualitativamente superiore alla media, si adatta con più convinzione a ciò di cui il pubblico ha bisogno - dall’altro questi costituiscono l’abbandono da parte di un autore di uno stile coraggioso e unico, uno dei più originali che il cinema italiano abbia avuto.