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Io vengo ogni giorno

30/09/2014 10:00

Maurizio Encari

Recensione Film,

Io vengo ogni giorno

L'esponente più famoso rimane sicuramente Ricomincio da capo, il cult con Bill Murray diretto nel 1993 dal compianto Harold Ramis, nel quale il protagonista era

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L'esponente più famoso rimane sicuramente Ricomincio da capo, il cult con Bill Murray diretto nel 1993 dal compianto Harold Ramis, nel quale il protagonista era costretto a rivivere più e più volte lo stesso giorno. Recentemente il tema è stato riproposto prima dal riuscito sci-fi Edge of tomorrow con Tom Cruise e ora da Io vengo ogni giorno (volgare traduzione italiana dall'originale Premature), sorta di commedia adolescenziale che vede il giovane protagonista ingabbiato in una sorta di loop temporale fino al vero amore. Il film, diretto dall'esordiente Dan Beers (regista in passato di alcuni episodi della da noi inedita serie tv FCU: Fact Checkers Unit), ha per protagonisti volti perlopiù sconosciuti al pubblico italiano.


Rob (John Karna) ha diciasette anni ed è ancora vergine. Il suo ultimo anno al college, con la prospettiva l'anno seguente di frequentare l'esclusiva università di Georgestown, lo vede nel tentativo di coronare il sogno di andare a letto con la bella Angela (Carlson Young), sua compagna di classe. Inaspettatamente la ragazza lo invita a casa sua e lo seduce, ma nel momento topico del loro rapporto sessuale, Rob si risveglia nel suo letto e comincia a rivivere il giorno precedente, dove tutte le situazioni che gli si parano dinanzi sono esattamente identiche. Questo strano fenomeno si ripete ogni volta che il ragazzo è vittima di eiaculazione precoce, costingendolo a risvegliarsi ogni volta e a ripercorrere le stesse giornate, cercando in qualche modo di cambiarle. Forse la soluzione sta nella relazione con la sua migliore amica, da sempre innamorata di lui.


Pur non privo a tratti di una certa simpatia, presente soprattutto in alcuni personaggi secondari, Io vengo ogni giorno è vittima di uno script povero che, dietro ai molto velati istinti pruriginosi, nasconde mancanza di idee. Proprio come il leit motiv del plot (come si è visto assai ben gestito in altre occasioni) la narrazione è incredibilmente ripetitiva e senza guizzi di alcun genere: nemmeno le sporadiche risate servono a render più piacevoli i novanta minuti di visione. Con un erotismo camuffato - tipico di molte produzioni coeve - e il banale risvolto sentimentale dell'ultima parte, il film si rivela un'occasione perduta, visto che il casting è discretamente assemblato, con i giovani John Karna e Katie Findlay più in parte rispetto "alla media" e la regia di Dan Beers, seppur a livelli elementari, non del tutto negativa. Il punto principale è che queste trame spiccatamente dedicate ad un pubblico adolescenziale hanno forse fatto il loro tempo e neanche una storia che si avvale di elementi "fantastici" è più in grado di rinnovare un filone che già dava segni di pesante stanchezza dopo il primo American Pie.


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