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Perez.

30/09/2014 10:00

Aurora Tamigio

Recensione Film,

Perez.

Napoli...

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Napoli. Fra i grattacieli del Tribunale vive e lavora Demetrio Perez (Luca Zingaretti), avvocato d’ufficio che spesso nella vita professionale si è trovato di fronte alla camorra senza mai esserne sfiorato, perdendo cause su cause privo di ideali e di slancio. Abbandonato dalla moglie, la sua situazione familiare peggiora quando la figlia Tea (Simona Tabasco) - con cui è in perenne conflitto - si fidanza con un criminale, Francesco (Marco D’Amore). Per contrastare questo amore infelice, Perez arriverà a chiedere aiuto al pericoloso boss Buglione (Massimiliano Gallo), che lo trascinerà per la prima volta nel cuore della malavita.


Se la serie ispirata a Romanzo Criminale, ancora fra 2008 e 2010 poteva fare pensare a un unicum nostrano, nel 2014 la formidabile Gomorra di Sollima/Comencini/Cupellini ha dimostrato che anche in Italia, come già da anni avviene nel panorama internazionale, è definitivamente il cinema che insegue la serialità televisiva. Così dotata di autori validi e di idee innovative - probabilmente valorizzate dalla fiducia che lo spettatore concede ai suoi beniamini dopo un rassicurante pilot - la forma televisiva (intendendo ovviamente non ciò che passa per i canali commerciali, ma la sua manifestazione di più alto livello esemplificata dai due esempi citati) è da qualche tempo in grado di insegnare al grande schermo un genere intero: il noir.


Perez. è l’ennesimo caso di frattura fra media, nel gangster movie all’italiana. Fatto salvo Romanzo Criminale di Michele Placido (cui va soprattutto il merito della scelta degli attori) e già considerando i limiti di Gomorra di Matteo Garrone, l’opera di Edoardo De Angelis è un film manchevole. Tralasciando infatti per un attimo l’improbabile idea dei diamanti nello stomaco del toro e l’insostenibile Romeo e Giulietta partenopeo messo in scena come espediente di avvio per il viaggio di un padre/avvocato nella criminalità organizzata, appare quasi inspiegabile come un film così promettente, dalla scenografia glaciale della Napoli dei grattacieli attraverso l’interessante personaggio perdente di Zingaretti, finisca per perdersi in una storia banale e in una sceneggiatura sentimentale e inverosimile. Se infatti l’inizio della pellicola funziona soprattutto grazie al protagonista e al suo vagare accidioso per un inferno che lo sfiora appena senza realmente coinvolgerlo, nel secondo tempo Perez. declina in una storia grigia e spenta in cui le tensioni seminate non raggiungono mai l’apice. Non dovessero infine essere già abbastanza evidenti le incongruenze del film, è sufficiente la debole presenza di Marco D’Amore - il "potente" Ciro di Gomorra - a riassumere, in ogni sequenza che lo vede protagonista, il divario fra un’intenzione e la sua realizzazione. Laddove in passato De Angelis aveva dato il suo meglio, cimentandosi nella commedia Mozzarella Stories, con un’ottima caratterizzazione degli spazi e delle situazioni, qui il regista si perde in un’affettata volontà drammatica. Cercando a tutti i costi la tensione nei grandi temi del sentimento, dell'amore, del rapporto fra uomini/rivali ma anche confusamente della giustizia e del crimine, la pellicola di Edoardo De Angelis finisce in realtà per non trattarne alcuno.


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