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Medianeras - Innamorarsi a Buenos Aires

02/10/2014 11:00

Aurora Tamigio

Recensione Film,

Medianeras - Innamorarsi a Buenos Aires

Martin (Javier Drolas) e Mariana (Pilar López de Ayala) vivono a Buenos Aires e sono vicini di casa...

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Martin (Javier Drolas) e Mariana (Pilar López de Ayala) vivono a Buenos Aires e sono vicini di casa. Martin è un web designer pieno di compulsioni che si rifiuta di incontrare il mondo esterno; Mariana è un architetto fallito, depressa dalla fine di una storia d’amore. Il loro incontrarsi, in una città grande e caotica, sarà la grande sfida e la rivoluzione delle loro due vite bloccate.


Si dice che Buenos Aires sia stata costruita “spalle al fiume” perché i suoi abitanti, quasi tutti provenienti da molto lontano, non guardassero a ciò che avevano lasciato ma solo a quanto vi era davanti a sé da scoprire. La struttura della città ha però nei secoli tradito sempre più questo sogno di spazi sterminati, diventando ben presto una metropoli del secondo emisfero, talmente grande da racchiudersi in sé stessa in tantissime strade e infinite case, così vicine da permettere ai suoi abitanti – si dice - di guardarsi in faccia stando alla finestra. Le Medianeras sono i muri degli edifici che non costituiscono né la fronte né il retro delle abitazioni: privi di finestre e balconi, sono spazi vuoti da cui non è possibile sporgersi e dai quali nessuna cosa viene mostrata, se non le affiches pubblicitarie.


Scritto e diretto dall’esordiente Gustavo Taretto, Medianeras è una metafora delicata, a tratti surrealmente comica, sull’affacciarsi - letteralmente - alla finestra, sull’incontrarsi viso a viso nel mondo esterno. Martin e Mariela - l’uno a causa delle tante paure folli, l’altra in seguito a una delusione sentimentale – hanno delegato la realtà virtuale e le loro familiari mura domestiche a unico luogo di incontro con il mondo quotidiano, vivendo alienati in piccoli appartamenti serrati come i loro cuori. Così come Buenos Aires, nonostante sia stata progettata secondo un’illusione di ordine, costituisce di fatto un’esplosione di caos abitativo e umano, anche le vite dei due protagonisti - fintamente rassegnati alle proprie fobie e ossessioni - sono in realtà soggette a una spinta vitale che necessita, per rivelarsi, solo di più coraggio. Fra gli spazi labirintici di una città che si ripete ogni giorno uguale a sé stessa, come le curve di un’anima confusa, Martin e Mariela saranno costretti a schivare la vicinanza forzata e trovare il posto giusto in cui incontrarsi.


Gustavo Taretto, dopo alcuni corti (tra cui quello omonimo da cui è tratto questo esordio) dirige il suo primo lungometraggio con le spalle rivolte al fiume di impulsi che arrivano dalla cinematografia contemporanea, scegliendo di guardare alla sua città e a ciò che sa di essere in grado di narrare: l’essere giovani, confusi e soli, in una grande e complicata metropoli, metafora di un mondo claustrofobico che chiude i suoi abitanti in “scatole” rifiutandosi di accoglierli realmente. Uno sguardo al limite della verosimiglianza naturalistica fa di Medianeras un’opera che unisce a spunti favolistici – Mariana, tra gli amati manichini e la ricerca del suo Wally, sembra una novella Amelìe argentina – ironiche riflessioni urbanistiche e sociali che citano, più o meno espressamente, Woody Allen. Nonostante questa vocazione poetica al guardare scorrere il tempo, il film è però soprattutto un’esplosione di energia che contamina e sprigiona una storia d’amore dolce, disperata e necessaria che si rifiuta di restare in gabbia.


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