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The Protector - La legge del Muay Thai

06/10/2014 10:00

Filippo Facchetti

Recensione Film,

The Protector - La legge del Muay Thai

Gli appassionati delle arti marziali e dell'azione di matrice orientale avranno quasi certamente visto Ong Bak, titolo di esordio del funambolico Tony Jaa...

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Gli appassionati delle arti marziali e dell'azione di matrice orientale avranno quasi certamente visto Ong Bak, titolo di esordio del funambolico Tony Jaa. Da molti considerato l’erede di Jacky Chan, Jaa ha dimostrato immediatamente le proprie capacità nel combattimento, affiancate dall’indispensabile potenza scenica utile a rendere credibili anche le coreografie più elaborate. The Protector - secondo nato dalla collaborazione tra Tony e il regista Prachya Pinkaew - compie importanti passi avanti sul fronte delle coreografie e della loro regia, riuscendo a valorizzare i movimenti felini dell’attore e la potenza dei suoi attacchi, ma in termini di sceneggiatura rappresenta quasi un tracollo.


Kham (Tony Jaa) è membro di un’antica comunità tailandese, responsabile degli elefanti del re, ormai trasformatasi in un popolo di semplici contadini. La vita pacifica del villaggio viene sconvolta dal rapimento degli elefanti e dell’uccisione del padre di Kham: quest'ultimo parte così per un lungo viaggio votato alla vendetta.


Nonostante le premesse tutt'altro che malvagie, la trama di The Pretector va contro qualsiasi regola narrativa e, in alcune occasioni, anche contro il semplice buonsenso. Seguendo l’avventura di Kham, lo spettatore si imbatte in personaggi mal presentati (con la pessima abitudine di entrare e uscire di scena senza alcun senso logico) che hanno come unico scopo quello di introdurre nuove scene d’azione, sempre più potenti e ben coreografate. Non è dunque la qualità dello script a dover attirare al film ma, al contrario, le scene d’azione ricche, elaborate ed eseguite con invidiabile maestria dala coppia Tony Jaa e Prachya Pinkaew. Il Muay Thai di Jaa appare ancor più spettacolare di quello già apprezzato in Ong Bak, e mette in mostra le incredibili capacità dell’attore. La brutalità delle coreografie è resa ancor più convincente dalla capacità di Tony di trasmettere la potenza dei colpi pur non mandandoli effettivamente a segno. Quello di Jaa è un talento fuori dal comune che gli permette di raggiungere livelli di realismo mai raggiunti da maestri leggendari come Bruce Lee, Jackie Chan o Jet Li: quando l'attore esegue le sue coreografie, ogni colpo trasuda potenza e raggiunge direttamente il pubblico, senza bisogno artifici poco eleganti. Sul fronte della regia è particolarmente apprezzabile l’uso meno invasivo dei leziosi replay e di espedienti barocchi, come i pomposi slow motion della precedente pellicola. L’elemento chiave di The Protector sono i suoi combattimenti che, dal più semplice al più articolato, riempiono gli occhi degli spettatori con evoluzioni al limite del sovrumano, senza però rinunciare alla dose di realismo e credibilità indispensabili per creare un’alchimia ideale. Estremizzando, il film potrebbe essere visto anche saltando le (insospettabilmente lunghe) fasi narrative e lasciando spazio solo alle magistrali sequenze d’azione e alla violenza espressiva di Tony Jaa. Tutto questo, rimpiangendo il fatto che tali capacità marziali non siano mai finite in mano a qualche regista di talento che sapesse valorizzarle, inserendole in contesti avvincenti e degni di essere seguiti integralmente. The Protector non può essere considerato un buon prodotto: il disastro narrativo che cerca di fare da collante tra gli splendidi combattimenti e le emozionanti scene d’azione è sotto gli occhi di tutti, così come lo sono le doti atletiche del protagonista.


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