Arriva nelle sale Amoreodio di Cristian Scardigno, pellicola ispirata a quello che probabilmente verrà ricordato negli anni a venire come uno dei fatti di cronaca più drammatici e inquietanti della storia giudiziaria del nostro paese: il delitto di Novi Ligure. Protagonisti del macabro episodio, avvenuto ormai tredici anni fa, furono Erika De Nardo e Mauro Favaro (detto Omar) che, non ancora maggiorenni, massacrarono con novantasette coltellate la madre di lei e il fratellino di undici anni. La drammaticità degli attimi immediatamente precedenti la tragedia e la tensione delle ore successive rivivono in un film crudo e sincero che scava a fondo nella psicologia dei due giovani, per tentare di dare una spiegazione logica alla follia che portò al tramonto dell’innocenza di un’intera generazione. Katia (Francesca Ferrazzo) è una diciassettenne apatica e solitaria che trascorre le sue giornate ai margini della vita sociale in compagnia del suo fidanzato Andrea (Michele Degirolamo), tra incontri sessuali clandestini e fughe in motorino verso le campagne che circondano la cittadina di provincia. Le continue incomprensioni familiari, dovute al cattivo rendimento scolastico di Katia e alla sua relazione con Andrea, trascinano la giovane in un vortice di trasgressione e immoralità che porterà i due adolescenti, completamente distaccati dalla realtà , ad intraprendere una strada senza ritorno verso l’Inferno. La solitudine e la noia degli adolescenti di oggi. Il vuoto esistenziale che aggredisce quegli anni confusi e disorientati di chi fugge dalla realtà in cerca di qualcosa di indecifrabile e irraggiungibile. Tutto questo viene raccontato con estrema lucidità dall’opera prima di Cristian Scardigno - autore pluripremiato di cortometraggi e fondatore della Underdog Film - una pellicola che si guarda bene dal cadere nel becero voyeurismo televisivo per esplorare, invece, gli oscuri bassifondi dell’animo umano e gli inquietanti fantasmi che vi dimorano silenti. Amoreodio è un viaggio nella complessità del mondo adolescenziale, che indaga le assenze e le mancanze che divorano giorno dopo giorno i ragazzi che non riescono a interloquire con il mondo esterno e il guscio familiare in cui sono cresciuti. Una messa in scena scarna e una sceneggiatura ridotta a pochi - essenziali - dialoghi fanno da cassa di risonanza a una storia fatta di silenzi e rancori, lasciati a lievitare nei monotoni pomeriggi sospesi nel tempo. La meccanicità dei gesti privi di senso, l’aridità dei sentimenti espressi nei confronti dei genitori e il cinismo impiegato nell'atto di violenza sono mostrati senza alcun filtro dall’occhio della macchina da presa, che ci rende testimoni consapevoli e impotenti. Nonostante lo stampo più televisivo che cinematografico, guardando attentamente il lavoro di Scardigno non si può non apprezzare l’impegno del regista nel voler riportare all’attenzione del pubblico una problematica oggi più che mai attuale, architettando una pellicola carica di ritmo e momenti significativi, resa ancora più credibile dalla recitazione acerba dei due attori protagonisti.