Trasferitosi in Texas, Gary (Tye Sheridan) è un adolescente di quindici anni che vive in una difficile situazione familiare. Il padre è un tipo violento, costantemente ubriaco e scansafatiche, la madre subisce senza reagire e la sorella minore si è chiusa in un silenzio assoluto. Gary trova lavoro presso Joe (Nicholas Cage), un uomo burbero che si affezionerà a Gary e tenterà di proteggerlo. Tratto dall'omonimo romanzo scritto da Larry Brown nel 1991, Joe - diretto dal regista David Gordon Green - è stato presentato in concorso alla 70° Mostra del Cinema di Venezia. La filmografia di David Gordon Green è quantomai altalenante sia per qualità che per genere. Dopo le poco riuscite incursioni nella commedia demenziale(Strafumati, Lo spaventapassere, Sua Maestà ), il regista torna con Joe a un cinema dall'approccio classico e a storie dall'impatto emotivo più forte, vicine ai film dei suoi esordi, alla costante ricerca di una propria personale visione del cinema e del mondo. Joe si muove tra due binari tematici: è il racconto di formazione di un ragazzo costretto a crescere più in fretta di tutti in un'America rurale e violenta, ma soprattutto è un film sulla paternità . All'assenza dei padri biologici fa da contraltare la presenza di altre guide di cui un giovane ha bisogno. Il protagonista Gary, infatti, troverà in Joe quella figura paterna e protettiva che il vero padre, alcolizzato e riottoso, non può essere. D'altra parte il protagonista (un ottimo Nicholas Cage) è un uomo che si prende per la prima volta la responsabilità di essere importante per qualcuno e quindi di trovare una possibilità di redimersi. Nonostante le buone premesse, il film non convince. Green immerge la sua pellicola in un immaginario estetico e concettuale che non sa rinnovare. Il Texas messo in scena non è più quello della frontiera, ma un Sogno americano sepolto sotto la violenza e la sporcizia di personaggi oltre la legge. La rappresentazione e l'atmosfera dei luoghi e della loro umanità manca di uno sguardo inedito che possa dare nuovo senso a questi personaggi e a quest'America. Green vorrebbe realizzare un'opera che rimandi al cinema americano degli esordi ma l'archetipo si trasforma in stereotipo: Joe pare allora un film che non usa la sua classicità per plasmarla in un'altra visione ma si adagia in uno schematismo narrativo e stilistico che lo rendono un prodotto vecchio, un compito portato a termine senza anima, qualcosa che ha veramente poco da dire e da mostrare. Anche il finale, all'insegna della violenza, non colpisce ed è il prevedibile risultato del didascalismo della storia.