Oxford, 1899. Edward Newgate (Jim Sturgess) – studente di medicina – assiste a una dimostrazione pratica d’isteria, osservando in aula le caratteristiche e le reazioni di una donna bellissima, sottoposta però a metodi barbarici. Laureato, il giovane inizia a lavorare come tirocinante presso il Stonehearst Asylum, un manicomio sperduto tra le montagne gestito da Silas Lamb (Ben Kingsley). Lì ritrova Eliza Graves (Kate Beckinsale), la paziente conosciuta nelle aule di Oxford. Sarà proprio l’amore nei confronti di Eliza a spingere Edward verso la scoperta dell’inganno presente all’interno del manicomio di Stonehearts, nel tentativo di liberare Eliza da quella prigionia. Dopo The Call (2013), Brad Anderson torna sul grande schermo con Stoneheart Asylum, adattamento cinematografico del breve racconto Il sistema del dr. Catrame e del prof. Piuma di Edgar Allan Poe pubblicato nel 1845. Il cast vanta, tra gli altri, i nomi di Jim Sturgess e Kate Beckinsale - il primo reduce dall’ottima interpretazione de La Migliore Offerta, la seconda eroina romantica di film come Pearl Harbor e The Aviator. Ad accompagnarli mostri sacri come Ben Kingsley – che, guarda caso, aveva già interpretato il ruolo del gestore di un manicomio in Shutter Island di Martin Scorsese – nel ruolo di un medico folle e distrutto dai dolori della guerra e Michael Caine, come sempre all’altezza dell’interpretazione breve ma essenziale. Nella sua trama ombrosa e inquietante, opera del genio di Edgar Allan Poe, il film di Brad Anderson trova il primo buon motivo per essere visto. E non è l’unico: Stoneheart Asylum - oltre ad essere testimonianza storica di un'epoca, restituendone atmosfere e ambietazioni - viaggia abilmente su una struttura narrativa a doppio binario, che oppone l'antico binomio amore-sofferenza nel contrasto fra i patimenti dei pazienti del manicomio e la passione tra Edward e Eliza. Una pellicola classica ma imprevedibile ed emozionante in cui la vicenda romantica dei protagonisti Sturgess/Beckinsale costituisce una storia d’amore folle e appassionante. La regia di Brad Anderson lascia spazio a ben poche critiche: il film è coerente con la storia da cui prende ispirazione, è ironico, toccante e sofferto. Lo spettatore, perfettamente immedesimato all'interno di una vicenda irreale ma fortemente empatica, non può far altro che tenere il fiato sospeso fino all’ultimo colpo di scena, per comprendere cosa si celi tra le pareti di quel manicomio, isolato e tutt’altro che innocente.