Roma Termini è il primo lungometraggio documentario di Bartolomeo Pampaloni, qui anche in veste di produttore. Dopo anni di esperienza nel campo del cinema e del teatro come assistente alla regia, Pampaloni sceglie – dopo aver affiancato Paolo Virzì nello spettacolo Se non ci sono altre domande – di provare l’emozione del grande schermo, partendo da un luogo simbolo della Capitale d’Italia, di cui vuol raccontare però il lato celato, invisibile ma soprattutto indifeso. Roma Termini, 480.000 passeggeri in transito ogni giorno. È la principale stazione d’Italia, la seconda in Europa. Tra tutte queste persone, si nasconde un gruppo di uomini e donne per i quali la stazione non è un punto di passaggio, ma un luogo di vita. Un’anonima abitazione, città nella città , che ne ospita le poche speranze rimaste. Sopravvivere elemosinando, sopravvivere nonostante tutto. Quattro uomini - quattro storie di persone in caduta libera - si incontrano ritrovandosi in un contesto che mai avrebbero immaginato di vivere sulla loro pelle. La strada, le droghe, i conflitti, il freddo, la sofferenza. Allontanandosi sempre più dalle vite precedenti, i protagonisti svaniscono lentamente, con il tempo, imparando a dimenticare. Roma Termini, presentato al nono Festival di Roma nella sezione "Prospettive Italia", è a tutti gli effetti una creatura di Bartolomeo Pampaloni, cui vanno i meriti per il coraggio, l’umanità e la professionalità messi in campo. Vivere con i clochard della stazione, subirne gli stati d’animo, condividerne le sofferenze, le mancanze, i ricordi e i rimpianti per farne un racconto cinematografico nobile, prima che originale. Il regista, con la curiosità di un bambino, vuole vedere da vicino quel mondo che ognuno di noi incontra di passaggio, senza fermarsi mai a pensare. L’obiettivo (riuscito) è proprio quello di far riflettere lo spettatore senza alcuna troupe o sceneggiatura, regalando una visione diretta, intima, cruda delle vite di Antonio Allegra, Gianluca Masala, Stefano Pili e Angelo Scarpa, i quattro protagonisti della storia. Se le premesse e gli obiettivi del documentario trovano successo, lascia più a desiderare il lato tecnico. Le riprese ravvicinate, volte a valorizzare i primi piani dei protagonisti, l’andamento lento del film e il montaggio da servizio televisivo fanno di Roma Termini un progetto riuscito solo a metà . Toccante quanto soporifero, il primo lungometraggio di Pampaloni va sicuramente elogiato per il messaggio lanciato, tuttavia è da migliorare la sua capacità di tenere alta l’attenzione dello spettatore, ormai annoiato dai grandi silenzi.