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Torneranno i prati

15/11/2014 11:00

Gabriele di Grazia

Recensione Film,

Torneranno i prati

Tutta la drammaticità della Prima Guerra Mondiale rivive nell’ultimo film del maestro Ermanno Olmi, Torneranno i prati, nuda rappresentazione della cruda realtà

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Tutta la drammaticità della Prima Guerra Mondiale rivive nell’ultimo film del maestro Ermanno Olmi, Torneranno i prati, nuda rappresentazione della cruda realtà vissuta dai soldati nelle trincee del Nord Italia. A cento anni dallo scoppio del conflitto, Olmi trova nel ricordo del padre la sua ispirazione per il racconto e scava nel passato condiviso per ravvivare il ricordo di coloro la cui memoria è stata lentamente sbiadita “dal fiume del tempo e dai ponti del progresso”.


Sul fronte Nord-Est, nelle profonde trincee degli Altipiani, uno sparuto gruppo di soldati italiani cerca di sopravvivere a una lunga notte di silenzio e interminabili attese. Dopo gli scontri sanguinosi del 1917 la paura degli uomini regna nei cunicoli fangosi, percorsi senza pace da fucili e scarponi congelati. La montagna dà pace e morte a coloro che si arrischiano a perlustrare i territori vicini in cerca di selvaggina o nemici da ammazzare. All’immobilità delle vette scure fa eco il tumulto degli animi dei soldati che attendono nel ventre della terra che qualcosa accada. L’imprevedibilità rende tutto più difficile e insensato, mentre la stanchezza e la rassegnazione bussa alle porte di coloro il cui destino è deciso da ordini folli provenienti da caldi uffici lontani.


Liberamente ispirato al racconto La paura (1921) di Federico De Roberto, l’ultimo lavoro di Ermanno Olmi tenta di dar forma ai racconti bellici del padre del regista che, a soli 19 anni, sopravvisse alla carneficina del Carso e del Piave per vivere il resto della propria esistenza nel ricordo di quei tragici giorni. Lo sguardo antropologico del Maestro restituisce uno scenario claustrofobico e malinconico che la fotografia seppiata di Fabio Olmi fa vibrare di drammatica verità. La cura maniacale per ogni dettaglio - dalla scenografia scarna al trucco degli attori - conferisce alla pellicola un’atmosfera soffocante che avvolge i personaggi, fino a condurli sul baratro della follia. Nella quasi assenza di dialoghi, gli squallidi corridoi scavati nel fango divengono casse di risonanza di un'eco lontana carica di dolore e morte. Al vento che filtra tra le fronde appesantite dalla neve, risponde la voce dei soldati i cui occhi, rivolti direttamente alla macchina da presa, raccontano l’orrore e l’inutilità di tutte le guerre. Gli uomini appaiono svuotati di ogni credo, presenze ectoplasmatiche o carcasse già abbandonate. Lontana dalla semplice retorica, Torneranno i prati rimane ancorata alla realtà storica e ne restituisce l’aura terrificante e straziante che le vittime di quell’eccidio non possono più testimoniare.


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