Il Segreto di Italia è stato per Antonello Belluco - regista, sceneggiatore e montatore del film - un progetto partito quattro anni fa che si è scontrato, sin dall’inizio, con difficoltà svariate. Oggetto del contendere non solo le questioni legate al finanziamento, ma anche il nucleo storico su cui si basa la trama: l’eccidio di Codevigo (in provincia di Padova) del 1945, l’esecuzione da parte dei partigiani di 136 tra militi della Guardia Nazionale Repubblicana, Brigate Nere e civili. Codevigo, a margine della Seconda Guerra Mondiale, è ancora un paese a maggioranza fascista. Tra i civili, tanti fra contadini e lavoratori, si sono omologati al credo mussoliniano per quieto vivere, per convinzione o solo per lavorare. I tedeschi controllano silenziosamente il territorio, ben guardandosi dall’arrivo di partigiani. Italia (Gloria Rizzato) è figlia di Franco (Giovanni Capalbo) e Milena (Elisabetta De Gasperi), due agricoltori che - sul chiudersi del conflitto - accolgono in casa Ada (Maria Vittoria Todeschini Casarotti), vedova di guerra. La vita di Italia e Ada si lega a quella di Farinacci Fontana (Alberto Vetri), un giovane fascista, figlio di Sante Fontana, vicecomandante della Brigata Nera. A sconvolgere il paese, oltre che la fine della guerra, è l’arrivo di Mauro (Fabrizio Romagnoli) un partigiano romano che, nel giro di poco tempo, aprirà la strada alla Brigata Garibaldi. A fare da sfondo, nonché da chiusura, è la vita di Italia adulta (Romina Power), che dopo anni sceglie di far ritorno a Codevigo, per fare i conti con ricordi lontani nel tempo. Se si conta il budget - a dir poco esiguo per un film destinato al cinema - Il segreto di Italia è un film riuscito per molti versi. A iniziare dal cast. Sia il personaggio di Italia giovane, sia quello di Mauro (il partigiano “buono”, contrario a qualsiasi dimostrazione di violenza sommaria) riescono a imporsi con realismo e professionalità nel corso della trama. Plauso particolare, vista la giovane età, va soprattutto alla Todeschini Cesarotti, ben calata nei panni di “nobile vedova”, educata e temprata dai dolori della guerra. La colonna sonora lascia spazio a dolci sorprese, non solo nella stesura (ben appropriata al tema delicato della Resistenza) ma anche sul finale, dove – durante i titoli di coda – le musiche di Paolo Agostini trovano il loro picco nell’esibizione canora di Eva Pevarello. A livello storico il film affronta una tematica di recente affrontata con più convinzione dal cinema: gli errori dei partigiani, legati a violenze relative al contesto dell’immediato dopoguerra. Come già successo in passato anche per film più ingombranti (un caso su tutti Miracolo a S.Anna di Spike Lee), l'argomento - laddove raggiunge il risalto mediatico e cinematografico - è destinato a fare discutere. Nel caso dell'opera di Belluco le controversie si legano per lo più alla storia produttiva del progetto. Per il regista, tuttavia, il suo non è un “film processo”: se si solleva il velo del tempo su un fenomeno storico quanto mai complesso, la pellicola non è solo una ricostruzione storica, ma va compresa anche nel suo intento didattico. Nonostante il film presenti più di un punto debole, a partire dal montaggio non impeccabile e dalla scelta non appropriatissima della Power come protagonista adulta, l’interesse che suscita, le emozioni che tocca e i fatti narrati (tratti da una storia vera) costituiscono un valido motivo per la visione.