Jack Marcus (Clive Owen) è uno stimato professore di letteratura inglese la cui carrierà è però a rischio a causa dei suoi gravi problemi di alcolismo. Un giorno nella scuola dove lavora arriva la nuova insegnante di arte, l'artista figurativa Tina del Santo (Juliette Binoche), da tempo sofferente di una grave artrite che le debilita i movimenti e le impedisce di creare nuovi dipinti. Sin da subito tra i due docenti inizia una sorta di "battaglia", che coinvolge anche gli studenti, nell'artistica diatriba su cosa sia meglio tra le immagini e le parole. Insieme a questo conflitto scolastico tra Jack e Tina si sviluppa anche una sorta di inspiegabile attrazione. Il regista Fred Schapisi, autore di una ventina di titoli (alcuni discretamente famosi come Roxanne, Un grido nella notte e La casa Russia), dirige una commedia romantica con protagonisti Clive Owen e Juliette Binoche. Words and pictures è una favola sentimentale che cerca di inserire nella sua narrazione effluvi culturali che di rado appaiono in produzioni similari, mancando però nell'anima del racconto. Una love-story che sfiora più volte il baratro della banalità , dando vita a due figure macchiettistiche avvolte nel classico tormentone odio-amore. Un film senza pepe, vittima di una sceneggiatura incolore che dietro ai lodevoli intenti nasconde una drammatica povertà di idee e contenuti. Troppo semplice usare l'arte come nudo specchietto per le allodole quando intorno vi si costruisce una trama lineare e priva di mordente, che vive su un eccessiva verbosità e sfrutta colpi più o meno bassi per ottenere un facile consenso. Con una prevedibilità che sfiora l'ovvio in più occasioni - anche negli sporadici sviluppi secondari, in primis il rapporto di Jack con il figlio - e una caratterizzazione eccessiva di figure corollarie che si pongono come improbabili alfieri della situazione scolastica contemporanea, Words and pictures stanca nelle sue, lunghe, due ore di visione. Non basta neanche qualche sprazzo di lucidità a far dimenticare tutto il resto. Peccato, perché sia Clive Owen e, soprattutto, la Binoche regalano interpretazioni di rilievo (quest'ultima è addirittura autrice dei quadri dipinti dal suo personaggio). In un film che vorrebbe esaltare l'importanza sia delle immagini sia delle parole, è sconsolante vedere come la loro rappresentazione emerga soltanto in superficie senza mai catturare fieramente la bellezza delle rispettive arti.