
Daniele Gaglianone, regista di Ruggine (2011), presenta alla 32esima edizione del Torino Film Festival il documentario Qui, nelle sale italiane dallo scorso 27 novembre. Con questa produzione a basso costo, Gaglianone si interroga sul movimento No TAV mostrandone i volti e indagandone le ragioni nel modo più onesto e diretto possibile: lasciando, cioè, la parola agli abitanti della Val Susa, diversissimi tra loro per professione, età e idee ma uniti dal netto rifiuto alla costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione. Per due ore, dieci persone si danno il cambio davanti alla macchina da presa raccontando ciascuno la propria storia: chi con ironia, chi con rabbia, chi con preoccupazione. Gabriella, insieme agli altri membri del gruppo “Cattolici per la vita della Valle”, si reca ogni giorno presso il cantiere di Chiomonte. Aurelio ha seguito, in qualità di speaker radiofonico, l’episodio della caduta di Luca Abbà dal traliccio sul quale si era arrampicato in segno di protesta. Nino era sindaco quando la popolazione ha occupato il territorio di Venaus e la polizia ha fatto irruzione. Cinzia ha vissuto i momenti drammatici dello sgombro del presidio della “Libera Repubblica della Maddalena”, nel corso del quale la polizia ha fatto ricorso a pericolosi gas lacrimogeni al CS. Alessandro, ex-carabiniere gravemente ferito al volto da un razzo nel corso di una manifestazione, ora si trova in grande imbarazzo nel cercare di giustificare questi fatti al figlio di tre anni, che ha educato nel rispetto della legalità e delle forze dell’ordine. Guido è un ex-consigliere comunale arrestato con un’improbabile accusa. Marisa si è fatta comprare un paio di manette al sexy-shop per incatenarsi alla recinzione del cantiere di Chiomonte come forma di resistenza passiva. Luca, con la moglie Paola e il figlio Francesco, si batte per difendere la propria abitazione, finita nel raggio del territorio destinato a essere occupato dalla stazione del treno. Quello compiuto da Daniele Gaglianone con Qui è un percorso a ritroso nel territorio più che mai vasto delle diverse motivazioni che stanno alla base dell’adesione al movimento No TAV da parte dei suoi membri. Il regista conduce lo spettatore alle radici di una simile scelta, non tanto per invitarlo a schierarsi da una parte o dall’altra quanto, piuttosto, per riportarne l’attenzione sulle tante storie rimaste taciute e sulle molte richieste lasciate inascoltate. Ciò che colpisce maggiormente in questo documentario è proprio la possibilità di trovarsi faccia a faccia con gli abitanti della Valle, dando finalmente un volto preciso a una massa rimasta fino a questo momento indistinta. Tutto ciò avviene senza che retorica e sovrastrutture appesantiscano il ritmo del documentario: ciascuno degli intervistati, infatti, viene lasciato libero di parlare di sé e della propria vicenda per tutto il tempo che ritiene necessario, senza essere interrotto o anche solo guidato dal regista. Il racconto acquista così il sapore di un’intima confessione che colpisce lo spettatore, costringendolo a fare i conti con ognuna delle storie narrate.