Nigel (Hugh Grant) e Fiona (Kristin Scott Thomas), una coppia di giovani inglesi, decidono di scongiurare la crisi del settimo anno di matrimonio con una rilassante vacanza in nave che li condurrà da Venezia all'India. Confidano che l'equilibrio del paese orientale possa aiutarli a ritrovare la pace interiore e il baricentro corretto delle loro vite. Il lineare percorso viene però sconvolto dall'incontro con il paralitico Oscar (Peter Coyote), la sua seducente e triste moglie Mimì (Emmanuelle Seigner) e la loro scabrosa, disgraziata storia d'amore. Non sorprende che Luna di Fiele sia uno dei film meno considerati della carriera di Roman Polanski. Gli anni Novanta sono un periodo fruttuoso ma sicuramente travagliato per il regista, costretto a ricostruirsi uno stile cinematografico lontano dal genere horror d'autore che ne ha decretato il successo internazionale e - involontariamente - costituito una causa della sua tragedia personale. Già coinvolto nella notissima vicenda giudiziaria che lo costringe a un lungo esilio forzato dagli Stati Uniti, Polanski si rifugia in Europa. Paradossalmente, pur trattandosi di un film minore, Luna di Fiele rappresenta il primo tentativo riuscito di avvicinarsi nuovamente al cinema d'arte delle origini. Il romanzo di Pascal Bruckner offre fecondissimo materiale per il recupero di uno dei temi principali del regista: gli aspetti depravati della sessualità umana. Ad oggi, la pellicola del 1992 assume un nuovo senso in relazione al recentissimo Venere in Pelliccia, non solo per la presenza della femme fatale Emmanuelle Seigner (prima Mimì e poi Wanda), ma anche e soprattutto per l'evoluzione del tema del masochismo amoroso. Quasi come se il sentimento fosse un'entità così potente ed estrema da diventare l'elemento distruttivo per antonomasia, sia quando si rinuncia alla componente erotica della propria personalità - come già era accaduto nel precedente Repulsion - sia quando la si accoglie totalmente, come Oscar e Mimì. Tra queste due polarità si smarriscono Nigel e Fiona, coppia di pudici inglesi, costretti a reprimere il proprio disgusto nei confronti dei libertini e assolutamente scandalosi coniugi parigini per scoprire il sottile piacere del voyerismo e dell'autentico desiderio sessuale. Polanski rappresenta la sconcertante disintegrazione dell'Io e l'umiliazione, da accettare per continuare un gioco amaro e inspiegabile. L'uomo e la donna sono padroni e vittime a fasi alterne dello stesso processo. Fondamentale osseravare come, diversamente da Venere in Pelliccia, Polanski attribuisca al femmineo le redini del potere. Le Baccanti vincono sulla crudeltà maschile e Wanda prosegue - ancora dopo vent'anni - la danza castigatrice di Mimì, cui l'uomo può solo assistere inerme. Se il personaggio di Emmanuelle Seigner trionfa sul tempo e sull'oblio, Nigel e Fiona vengono sostituiti dallo spettatore stesso, osservatore inerme per antonomasia: sta proprio a lui individuare in Luna di Fiele la radice di una concezione grandiosa e stravolgente dell'Eros e dell'eterna battaglia tra i sessi.