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Fuori di testa

04/01/2015 11:00

Martina Calcabrini

Recensione Film,

Fuori di testa

Prima di dirigere la trilogia de Il signore degli anelli, Peter Jackson era un amante del cinema e della fotografia come tanti altri...

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Prima di dirigere la trilogia de Il signore degli anelli, Peter Jackson era un amante del cinema e della fotografia come tanti altri. Nel 1987 insieme a un gruppo sparuto di amici, decise di impugnare la macchina da presa e girare Bad Taste – Fuori di testa, un cortometraggio comico-demenziale in 16 mm. La New Zealand Film Commission, però, davanti al potenziale del materiale, scelse di investire 235.000 $ per trasformarlo in un lungometraggio da proporre sul mercato internazionale. Forte, dunque, di una maggiore sicurezza economica, Jackson decise di aumentare il numero delle sequenze interattive e rese i suoi protagonisti talmente grotteschi da poter compiere qualsiasi azione assurda e surreale senza risultare ridicoli.


Kalhoro, Nuova Zelanda. Un esercito di alieni antropofagi capitanato da Mister Crumb (Doug Wren), invade la Terra e ne sminuzza l’intera popolazione per trasformarla in cibo da vendere nella propria, intergalattica, catena di fast food. Il governo, allarmato, incarica l’unità speciale “The Boys”, formata dagli intrepidi Derek (Peter Jackson), Ozzy (Terry Potter), Barry (Pete O’Herne), Giles (Craig Smith) e Frank (Mike Minetti), per fermare gli extraterrestri e salvare la razza umana.


Una tranquilla cittadina di provincia viene sconvolta dall’arrivo di alieni cannibali che, sotto sembianze umane, utilizzano spezie, agrumi e liquori vari per insaporire le carni umane, renderle estremamente gustose e divorarle. Sorta di zombie privi di personalità, gli extraterrestri si aggirano per le strade assetati di sangue, in attesa che qualche depresso superstite, preferisca la morte alla solitudine. Le parole pronunciate lungo il corso della pellicola sono pochissime perché la pazzia omicida prende subito il sopravvento su qualsiasi forma di razionalità e di comunicazione. Le azioni, infatti, sono connotate solamente da urla di terrore, grida di dolore e risatine isteriche che lasciano trapelare le paure più profonde di ogni personaggio. Persino l’intrepido squadrone The Boys, scelto accuratamente dal governo per salvare il destino dell’umanità, si lascia sfuggire qualche dubbio sulla riuscita della missione, consapevole della fragilità umana e della netta superiorità aliena. Rinunciando all’utilizzo di effetti speciali, Jackson si trasforma in un abile burattinaio che, giocando teatralmente di improvvisazione, riesce a far interagire i personaggi esattamente come farebbero due sfidanti su un ring. Con un sottofondo ironico e satiresco e una strizzatina d’occhio a pellicole come Cannibal Holocaust e L’ultima casa a sinistra, Peter Jackson riesce a plasmare un prodotto sui generis fortemente splatter e slasher che, elargendo colpi di accetta, improbabili mosse di karate e stratosferiche imprese impossibili, finisce per rivelarsi estremamente innovativo.


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