
Delft, Olanda, 1665. Griet (Scarlett Johansson) è una ragazza costretta ad andare a servizio dopo che un infortunio ha reso il padre cieco e costretto quindi a rinunciare alla professione di decoratore di ceramiche. La famiglia che accoglie la ragazza è quella del pittore Jan Vermeer (Colin Firth), il quale scopre presto che Griet può essere la persona giusta per risolvere la sua crisi d'ispirazione e diventare il soggetto del suo prossimo quadro. Il film di Peter Webber è un didascalico inno alla pittura olandese del Seicento: con grazia ed eleganza cerca di immaginare quel mondo, di riportarlo in vita attraverso la fotografia di Eduardo Serra, che mantiene sempre il tono giallo senape come prevalente e che - laddove possibile - crea inquadrature che sono vere e proprie citazioni di quello stile pittorico. Le scene di vita domestica non fanno che accentuare la magia e il senso di mistero che accompagna la vicenda principale, basata sulla relazione tra Griet e Jan Vermeer, non necessariamente sentimentale. Proprio qui si riscontra la forza del film e la rottura con il romanzo di Tracy Chevalier da cui è tratto: la pellicola, a differenza di quanto avviene nel libro, rende la relazione tra Vermeer e la sua serva estremamente sfaccettata e inusuale, rendendosi parte di una riflessione piacevolmente stimolante sul profilo intellettuale. La sceneggiatura di Olivia Hetreed avvolge i due personaggi in una spira intima che aggancia il cuore del tema dell'opera, ovvero la mistica unione che lega in modo indissolubile l'artista alla sua creazione. Il pittore resta solo con il suo segreto da riversare sulla tela; la musa, che dovrebbe esserne l'essenza, ne diventa invece soltanto la silenziosa confidente. Allo spettatore viene preclusa ogni spiegazione razionale, ogni inutile risposta viene scacciata con fermezza. Tutte le domande rimangono chiuse nello scrigno degli occhi, così come avviene per il committente interpretato dal bravissimo Tom Wilkinson. Il tentativo sembra essere quello di cercare il mistero racchiuso dentro il quadro La ragazza col turbante, nel quale risulta ancora irrisolta la disputa sulla provenienza della giovane ritratta. La natura della raffigurazione potrebbe ricondurre a una figura iconica come una ninfa o una dea, ma l'assenza di elementi simbolici non consente di avvalorare questa ipotesi. Lo sguardo è limpido, quasi regale, ma la postura indica la provenienza umile della fanciulla. Forse davvero una domestica con le perle di una nobile, una donna magnetica che nel film ha il volto della giovane Scarlett Johansson, venata da una promessa di sensualità non ancora matura. La macchina da presa coglie quel delicato momento e lo cristallizza, così come Vermeer ha fatto secoli prima con la sua modella dall'affascinante sguardo adornato dalla luce di perla. Per quanto lineare sia il racconto, il film di Peter Webber ha comunque il grande merito di creare una feconda fantasia, che negli anni ha spinto le persone a recarsi ad ammirare i dipinto solo per sognare assieme a Griet e Vermeer.