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Un gatto a Parigi

15/01/2015 12:00

Erika Pomella

Recensione Film,

Un gatto a Parigi

Dino è un gatto dalla doppia vita...

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Dino è un gatto dalla doppia vita. Durante le ore del giorno fa compagnia a Zoe, una bambina che ha perso la parola dopo che un gangster ha ucciso il suo amato padre; di notte è la spalla di Nico, formidabile ladro di gioielli che si staglia come un’ombra sopra il profilo di una Parigi notturna. I due mondi del gatto, che non potrebbero essere più distanti, finiranno ben presto per entrare in collisione: Zoe, curiosa di conoscere la doppia anima del suo migliore amico, finirà per seguirlo verso Nico; la madre della bambina, una determinata poliziotta, sta dando la caccia al ladro di gioielli; un gruppo di criminali – tra cui l’uomo che ha reso orfana Zoe – sta mettendo in atto un grandioso furto ai danni del Colosso di Nairobi.


Candidato al premio Oscar come miglior film d’animazione nel 2012 (ma arrivato in Italia con ben tre anni di ritardo), Un gatto a Parigi è una piacevole sorpresa. La pellicola firmata dai due registi Alain Gagnol e Jean-Loup Felicioli è una storia piena di buoni sentimenti, che si snoda per sessantaquattro minuti senza mai apparire retorica o forzata. L’animazione, dal tratto semplice e pulito, si sposa perfettamente con questo racconto di riscatto e amicizia. Nella semplicità Gagnol e Felicioli trovano il loro trait d’union con le emozioni del pubblico che, scevre da complicazioni psicologiche, hanno la possibilità di manifestarsi in tutto il loro calore. A tutto ciò si lega una sorta di ironia maldestra, legata soprattutto a goffi “cattivi” che ricordano le Faine di Chi ha incastrato Roger Rabbit o i due inetti de La carica dei 101.


Ovviamente il vero eroe di tutto il racconto è Dino, gatto dall'anima divisa. Se da una parte il misterioso felino offre compagnia e conforto a Zoe - riempiendola di fusa e di lealtà - dall’altra è per Nico un valido aiutante nelle sue scorribande notturne. Dino diventa una sorta di ponte tra due personaggi ugualmente soli, seppur in modo diverso: Zoe, che ha rinunciato a parlare a seguito di un lutto dolorosissimo, è incapace di comunicare con le parole e si isola dal resto del mondo e dalla madre troppo impegnata; Nico vive ai margini di una società che lo considera alla stregua di un "uomo invisibile". A condannare il ladro alla solitudine è, in qualche modo, la sua condizione sociale. Forse per questo, il fuorilegge stringe un rapporto tanto stretto con Dino: il felino è non solo un degno aiutante ma anche una compagnia fidata, che non giudica se non in base ai meriti dell’anima. Ecco allora Un gatto a Parigi: una favola senza tempo, permeata di una strana magia che riempie facilmente gli occhi e il cuore di chi guarda.


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