Un gruppo di amici, ancora devastato dalla notizia del suicidio di una di loro, decide di tentare di contattarla tramite la famosa tavoletta Ouija. A rispondere - naturalmente - non sarà la cara estinta, ma un’anima tormentata e assetata di vendetta, che userà la tavola come portale per raggiungere il mondo dei vivi e tentare di distruggerlo con il suo tocco pieno di risentimento. Ouija è la pellicola horror che segna il debutto alla regia di Stiles White, affermato addetto agli effetti visivi che vanta sul curriculum collaborazioni in Intervista col vampiro e Il sesto senso. Un esordio atteso. Eppure di Ouija, con il suo plot telefonato, si indovina subito il finale. Ma vero anche che non è l’originalità della storia a sancire il successo di una pellicola dell’orrore. Certo che in Ouija manca il guizzo creativo. Un’operazione che sembra puntare più al marketing che al mero intrattenimento dello spettatore: la tavoletta che dà il titolo al film, messa in commercio prima da Parker Brothers e poi da Hasbro, è diventata ben presto, da protagonista di questo racconto cinematografico, un gioco da tavola da tirar fuori durante le feste per tentare il proprio talento da spiritista occasionale. Inquietante, questa spettacolarizzazione del tema dell'evocazione spiritica: ha fatto riflettere cinema e serialità televisiva sui pericoli che possono nascere dal trattare un oggetto teoricamente medianico con leggerezza. Cosa succederebbe se, mentre si gioca, si evocasse davvero un demone? Da questo semplice interrogativo sono sorte molteplici storie, di cui Ouija non è la migliore. Stiles White non riesce con l'impianto visivo a salvare una trama a volte troppo prolissa e ridondante, che sopperisce con le parole l’evidente mancanza di idee. Persino la colonna sonora invadente non riesce a risvegliare il pubblico.