
Sintetizzare umori e speranze di una generazione in un film dalla durata media (cento minuti scarsi in questo caso) non è mai un'impresa semplice, neanche se a cimentarsi in tal proposito è un vero e proprio autore di culto degli anni '80 come John Hughes. Sceneggiatore di titoli di grande successo commerciale come National Lampoon's Vacation e Mamma ho perso l'aereo, Hughes ha raccolto intorno a sé volti assai familiari al pubblico del tempo come quelli di Molly Ringwald, Emilio Estevez (fratello di Charlie Sheen, affermatosi poi in futuro come solido regista), Anthony Michael Hall, Judd Nelson e Ally Sheedy collocandoli in un racconto dalla base elementare, ma in grado di scandagliare alla perfezione le mode e i sogni dei giovani del tempo. Chicago. Un sabato pomeriggio cinque adolescenti si ritrovano a scuola per trascorrervi un pomeriggio di punizione, dovuto a comportamenti scorretti che i giovani, estranei l'uno all'altro, avevano commesso qualche giorno prima. L'insegnante Richard Vernon, atto alla loro sorveglianza, assegna ai ragazzi un tema dal titolo "Chi sono io?", affinché gli studenti scoprano al meglio loro stessi. Le lunghe ore di compagnia forzata consentono ai ragazzi di conoscersi meglio e, dopo gli iniziali contrasti (dovuti soprattutto alla diversa estrazione sociale), verrà a crearsi nel gruppo un sincero rapporto d'amicizia che lascerà forse spazio anche all'amore. Un incontro di solitudini che sprigiona alte vette emotive. Breakfast Club vive di una forza primigenia insita nel progressivo sviluppo del rapporto tra i suoi giovani protagonisti. Dal patito di sport al rocker ribelle, dal nerd alla ricca ragazza snob sino alla "stramba" del gruppo: Hughes cura alla perferzione in fase di sceneggiatura le caratterizzazioni dei cinque personaggi principali, vero e proprio alpha e omega dell'operazione. Nonostante le iniziali differenze, ben presto gli studenti si scopriranno molto più simili di quanto potessero pensare. La costruzione dell'amicizia in divenire sfrutta al meglio dialoghi realistici che lasciano il segno. Senza dimenticare tematiche scomode come alcool e droga (non demonizzati ma espletati nella loro concezione più "sociale" e innocua) e una strizzata d'occhio alle tendenze musicali del periodo, con almeno un paio di hit anni '80 a sugellare divertite sequenze a tema, il regista si ritrova avvantaggiato dalla perfetta e genuina alchimia che si viene a creare tra gli interpreti, capaci di sfumare i loro alter-ego con una credibile e realistica personalità .