John Wick (Keanu Reeves) ha lasciato il lavoro di sicario professionista per amore di sua moglie Helen (Bridget Moynahan), gravemente malata. Quando la donna muore per John è un duro colpo, che affronta con apatia e con la sola compagnia del proprio cane. A riportarlo alla realtà – e al passato criminale – è l'incontro con l'amico Marcus (Willem Dafoe) e soprattutto con Iosef (Alfie Allen), un arrogante malvivente che ruba la sua preziosa Mustang d'epoca, gli uccide il cane e lo pesta a sangue. Da qui in poi, la vendetta di John sarà feroce. Il migliore action del 2014 porta la firma di due dei più celebri stuntmen di Hollywood. Chad Stahelski e David Leitch, che da anni conducono con successo l'esperienza di 87Eleven (casa di produzione cinematografica che fornisce scene di combattimento a tutta l'industria del cinema), incontrano la sceneggiatura di Derek Kolstad, nel 2012 nella Black List degli script ancora senza realizzazione, per cimentarsi in un lungometraggio che si rivela un sodalizio perfetto. Chi si aspettava ottime sequenze di azione - e di combattimento, ovviamente - non è stato deluso. Ma soprattutto John Wick beneficia della comunanza di passioni cinematografiche che lega Chad Stahelski, David Leitch e Derek Kolstad: il cinema orientale, il revenge movie e il western all'italiana. Sergio Leone incontra John Woo e si mescola a suggestioni provenienti dal noir contemporaneo di Luc Besson, capace di spolverare qui e là nella trama elementi di maggiore serietà che fanno a pugni - è il caso di dirlo - con un'atmosfera da b-movie, vero elemento di forza del film. Il livello di humor, costante, smentisce e contemporaneamente esalta la trama drammatica, dando vita al grande paradosso di John Wick: un film che sembra prendersi poco sul serio, esageratamente estremo e citazionista, che tuttavia assume dignità stilistica e narrativa. Stahelski sa quello che fa e riesce nell'impresa di rendere Keanu Reeves, interprete dai ruoli contemplativi e vagamente filosofici, credibile nei panni dell'eroe rinnegato e vendicatore. Per anni suo stuntman (la prova più famosa è stata quella in Matrix), il regista plasma addosso all'attore il personaggio ideato da Derek Kolstad, esasperandone azioni e reazioni e giocando sull'eleganza eterea del suo aspetto per generare un brutale killer. Con le sue antitesi, John Wick è un caso cinematografico estremamente interessante: un film che funziona proprio laddove gli estremi di genere si avvicinano fino a toccarsi. Dal punto di vista tecnico l'originalità della regia è palese: di contro a ciò che il pubblico si aspetta in un action - riprese in movimento e montaggio serrato - le inquadrature spoglie, minuziosamente costruite, evocano effettivamente lo stile orientale. Su questo palco spoglio il protagonista – un (super)eroe, criminale dotato di un codice d'onore inattaccabile – può esibirsi: ecco allora che i combattimenti non sono più, come a Hollywood, il momento fracassone del film ma diventano il fulcro della vicenda, il vero racconto. Non disturba allora la violenza messa in scena: estetizzata e catalizzatrice delle vicende del protagonista, la regia la sfoggia in numerose soluzioni stilistiche e visive. John Wick è uno dei pochi casi di film occidentali “marziali”.