L’ex agente Bryan Mills (Liam Neeson) viene ingiustamente accusato dell’efferato omicidio della ex moglie, Lenore (Famke Janssen). Bryan dovrà adoperare tutte le sue risorse per provare la sua innocenza, scovare il vero assassino e, soprattutto, per proteggere ciò che di più caro gli è rimasto: sua figlia Kim (Maggie Grace). Ancora una volta la complicità tra padre e figlia, ormai adulta e in procinto di diventare madre, risulta fondamentale per lo svolgimento della vicenda. Proprio la gravidanza, evento generalmente gioioso, scuote la coscienza della giovane donna, forse perché per la prima volta comprende davvero il valore incommensurabile che assume la vita di un figlio per un genitore. Se Taken 2 si proponeva di essere più un film d’azione che un thriller, l’opposto accade nel terzo film della saga, Taken 3 - L'ora della verità - diretto dal medesimo regista, Olivier Megaton - che opta stavolta per una componente spettacolare dai toni più moderati e verosimili, concentrandosi invece su un intreccio narrativo articolato e denso di suspense e colpi di scena. Eppure a Megaton non basta bilanciare lo spettacolare e il giallo per realizzare un prodotto perfetto; il difetto principale del film deriva proprio dal fatto che si tratti di un sequel. La trama è qui facilmente scindibile da entrambi i prequel, rievocati eccezionalmente dai personaggi attraverso poche battute. L'unico filo conduttore che attraversa i tre lungometraggi è, se vogliamo, il cast: Liam Neeson, Maggie Grace, Famke Janssen. Alla triade attoriale va sommata l’indovinata interpretazione del premio Oscar Forest Whitaker, nei panni della sfuggente figura del sergente Franck Dotzler, che stringe fra le mani un cavallo da scacchi in legno a simboleggiare il suo obiettivo: dare scacco al colpevole dell’omicidio. Nello svolgimento della vicenda - che prevede essenzialmente tre fasi (il torto, la vendetta, il lieto fine) - prendono corpo tutti gli elementi che restituiscono allo spettatore le dimensioni del rischio e del pericolo: inseguimenti spericolati e distruttive collisioni tra auto che sfrecciano sull’asfalto. Il regista dosa (più) consapevolmente azione e mistero fino all’ultima sequenza: niente a che vedere con il thriller hitchcockiano, ma comunque un risultato sufficientemente apprezzabile.