La piccola Eloise non ha mai conosciuto i suoi genitori: la madre, bianca, è morta di parto a 17 anni; il padre, nero, ma soprattutto tossicodipendente, è scappato. Chi l’ha cresciuta sono stati i nonni materni, che senza saperne niente si sono trovati un giorno senza la figlia e con una nipotina a cui hanno dato tutto il loro amore. Quando improvvisamente la nonna Carol muore in un incidente stradale, Elliott (Kevin Costner), affermato avvocato, si ritrova a dover crescere una bambina di dieci anni. La grande impresa comincia subito, senza nemmeno il tempo di elaborare il lutto, da una serie di compiti d’uguale difficoltà: spazzolare i capelli della piccola, farle lavare i denti, spiegarle perché la nonna non la può accompagnare a scuola. Nonostante debba ricorrere a una buona dose d’alcol - e a un insegnante privato, africano, che aiuti Eloise con i compiti - Elliott non demorde: cerca d’imparare insieme alla nipotina e si fa consigliare dal buon Duvan (l’insegnante, che comincia a fargli anche da autista). Nonostante Eloise sia felice di crescere con l’affezionato “nonno”, non la pensa così Rowena (una bravissima Octavia Spencer), madre del padre biologico della bambina. A dispetto di suo figlio, la nonna paterna è rimasta legata alla nipotina come lo era a Carol: ora che la donna è morta, dubita che Elliott possa dare a Eloise l’affetto di cui ha bisogno. Comincia così un agguerritissimo processo per l’affidamento della bambina, in cui torna all’attacco anche Reggie - il padre di Eloise, che afferma di essere cambiato - mentre tutta la sua famiglia accusa l’avvocato bianco di non voler lasciar loro la piccola perché, sotto sotto, razzista. Black or White, fin dal titolo, vuole proporsi come una riflessione su una forma di razzismo contemporanea: non una vera e propria discriminazione, ma la tendenza a vedere le persone prima per il colore della pelle (o per il loro sesso o provenienza) e poi per quello che sono. Elliott è stupito di scoprire che il coltissimo insegnante di matematica è nero, così come la famiglia di Rowena - pur composta di persone buone e affettuose - diffida del “nonno” acquisito. Black or White è un film con la morale, dichiarata - nero su bianco - dal protagonista: “Non è il mio primo pensiero che conta, ma il secondo e il terzo e il quarto, e quelli sono i pensieri che mi definiranno come qualcuno che è tollerante o come qualcuno che è ignorante, o peggio un razzista”. Guardando il film si ha l’impressione che la questione delle differenze di colore non sia un tema centrale ma che venga accentuato solo per far leva sul grande pubblico. In realtà si tratta di una pellicola sull’affetto e sul dolore di una perdita, che si pone una domanda importante: quando vogliamo stare vicino a qualcuno al punto da sacrificarci, siamo sicuri di fare del bene a questa persona? Un film dolce, ma meno scoppiettante di quanto si potrebbe supporre. Si può dire addirittura che Black or White sia un film noioso, se non fosse per la grande qualità degli attori che lo rendono comunque godibile. Una pellicola in cui sono tutti buoni, ma che perde l’occasione di approfondire problematiche psicologiche e sociali che l’avrebbero senz’altro resa più interessante.