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Latin Lover

16/03/2015 11:00

Giulia Colella

Recensione Film,

Latin Lover

Saverio Crispo (Francesco Scianna) era un attore famoso, ricco di talento e di fascino...

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Saverio Crispo (Francesco Scianna) era un attore famoso, ricco di talento e di fascino. Anche troppo, considerando che nella sua vita ha avuto almeno cinque figlie, nate da cinque donne diverse, ognuna delle quali proveniente da una nazione differente del mondo. Per celebrare i dieci anni dalla scomparsa del padre, la devota primogenita Susanna (Angela Finocchiaro) organizza con amore - ma anche tanta ansia da prestazione - una bella cerimonia commemorativa. A sua madre Rita (Virna Lisi) spetta l’ingrato compito di ospitare la spagnola Ramona (Marisa Paredes) e la figlia Segunda (Candela Peña) con famiglia a carico; la nevrotica e mal tollerata figliastra francese Stephanie (Valeria Bruni Tedeschi) e la deliziosa ultimogenita svedese Solveig (Pihla Viitala). Fortunatamente la disprezzatissima americana Shelley (Nadeah Miranda) diserta l’incontro con le sorelle, impegnatissime per conto loro a battibeccare per decidere chi sia la vera erede del grande Saverio Crispo. A scombinare ulteriormente i ruoli arriverà anche lo stuntman Pedro (Lluis Homar), custode di uno sconvolgente segreto riguardante il compianto divo e il suo passato.


Siamo lontanissimi dalla durezza tematica dei precedenti La bestia del cuore (2007) e Quando la notte (2011). Con Latin lover Cristina Comencini si addentra nuovamente nel territorio della commedia per portare avanti il suo ragionamento sul ruolo della donna nella società. Solo che questa volta non sceglie situazioni limite, nelle quali è estremamente difficile muoversi con scaltrezza, ma attinge a piene mani alla sua esperienza di regista contemporanea, nonché figlia d’arte primogenita. La vicenda è davvero molto simile a quella del film La cena per farli conoscere (2007) di Pupi Avati, ma alla piccolezza del personaggio interpretato in quell’occasione da Diego Abatantuono, la regista romana preferisce un artista e un genitore tanto ingombrante e pervasivo da poter essere solo evocato. Ognuna delle donne del primo attore cerca d’interpretare al meglio il proprio ruolo, modellandolo però sull'immagine artefatta dell’uomo che si è scelto di venerare come una divinità. Le situazioni grottesche - a tratti volutamente tracotanti e ridicole - sbriciolano le pesantissime strutture d’ipocrisie nelle quali le protagoniste si sono trincerate tanto caparbiamente.


Si strizza l’occhio alla tanto decantata profondità femminile, se ne mettono alla berlina le debolezza e si offre alle attrici coinvolte la straordinaria possibilità - per una volta - di “liberarsi” di un personaggio sempre più scomodo. Allo stesso modo, l’autrice punta implicitamente il dito contro quella critica che ha cercato in lei i riferimenti autoriali che, con ogni probabilità, ha sempre sentito esserle troppo stretti. Non è un caso che le numerose citazioni presenti nel film siano ironiche quando riguardano il cinema del passato e che divengano estremamente precise se mirano a quello più recente. Il brio e l’umorismo sono tipici della commedia di Pedro Almodóvar (e infatti molti membri dell’ottimo cast sono suoi collaboratori storici), mentre i siparietti musicali guardano indubbiamente a 8 donne e un mistero di François Ozon. Inevitabile quindi che Latin lover risulti un patchwork cinematografico interessante, ma con qualche piccola mancanza. Anzitutto i dialoghi non sono deboli perché eccessivamente teatrali o verbosi - come l’autrice fa preventivamente ammettere a Susanna - ma perché non lasciano mistero sull’emotività dei personaggi, necessario nella Settima Arte. Inoltre andrebbe ribaltata la morale del film e precisato che, se il cinema del passato viene esaltato e quello moderno no, è anche a causa del fatto che i registi si siano pian piano persi nella retorica e nell’incompiutezza. Non si tratta di un limite personale, ma generazionale. Questa volta è comunque da lodare la bellezza delle sfumature catturate dall’obiettivo della Comencini.


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