
Gino Montanari (Paolo Cevoli) è un insegnante di scuola elementare che, nonostante abbia superato da alcune decadi l'età della leva obbligatoria, viene costretto dal suo preside ad arruolarsi nell'esercito, nell'ultimo focoso anno della prima guerra mondiale: è il 1917 e l'uomo, sprovvisto di esperienza militare, viene spedito in Valtellina dove avrà l'infausto compito di trasmettere messaggi morse realizzati con la sola luce naturale. In un ambiente del tutto nuovo, dove coesistono caos e rassegnazione, Gino dovrà imparare a cavarsela da solo, con l'aiuto di ingenui commilitoni e giovani dal cuore d'oro. Uno dei problemi che da almeno cinquant'anni affligge il cinema italiano è l'incapacità di uscire dalla melma di prodotti sempre simili tra loro, senza ricadere nelle sabbie mobili del già visto o – peggio ancora – dell'omaggio intellettuale ai grandi cardini della nostra cinematografia. Soldato Semplice è il debutto alla regia del comico Paolo Cevoli, conosciuto soprattutto per i suoi monologhi a Zelig: una pellicola dalle intenzioni encomiabili che ha voglia di raccontare un'Italia quasi adamitica, persa nelle nebbie della storia; un'Italia vestita dei poveri stracci della guerra. Il regista cerca in qualche modo di omaggiare la grande tradizione della commedia all'italiana, utilizzando i toni più leggeri per trattare situazioni piuttosto drammatiche. Richiami a La grande guerra di Mario Monicelli sono piuttosto palesi, sebbene eccessivamente forzati. Il problema di Soldato Semplice, infatti, è quello di non riuscire a portare a compimento tutte le aspirazioni: lo spettatore si trova davanti a una pellicola che colleziona gag e situazioni surreali, che sembrano quasi non aver alcun legame logico tra loro e vengono accatastate senza uno schema generale. Nonostante la presa massiccia di buoni interpreti del panorama attoriale italiano, Soldato Semplice non riesce a compiere alcun balzo né dal punto di vista stilistico né contenutistico. Un film che si lascia guardare, ma senza nessun tipo di coinvolgimento; che non riesce a riflettere sul grande tema della Guerra e di come essa modifichi la concezione stessa di umanità . Paolo Cevoli, nei molteplici ruoli di regista, sceneggiatore e interprete, finisce con l'essere solo la riproposizione di se stesso; una sorta di macchietta che non riesce a fronteggiare un universo diegetico dalle alte ambizioni, ma privo delle ali necessarie per raggiungerle.