Una calda giornata romana, Ponte Milvio. Maurizio (Maurizio Battista) scruta le rive del biondo Tevere ma non ha con sé alcun lucchetto, come la tradizione impone: Maurizio, barista romano da generazioni, ha deciso di farla finita. La morte del padre e un'eredità di debiti lo hanno condotto sull’orlo del suicidio. Per fortuna, in un vortice di battute da cabaret e fraintendimenti, accanto a lui ci sono la moglie Luana (Paola Tiziana Cruciani), donna testarda ma ingenua a cui il marito nasconde le malefatte, e il giovane figlio Valerio (Emanuele Propizio), tutto fidanzata e videogiochi. Il monologo interiore del protagonista apre la prima scena di Uno, anzi due, debutto cinematografico del regista Francesco Pavolini, già fra gli autori di alcune note fiction italiane come Il Commissario Montalbano e I Cesaroni. Inizia così la narrazione della storia di Maurizio, quella che lo porta in maniera tragicamente comica a volersi tuffare da uno dei ponti storici di Roma, quella che egli stesso racconterà ai passanti curiosi. La caratteristica peculiare e predominante è lo stile comico di Battista, noto cabarettista romano, questa volta talmente marcato da risultare ripetitivo. Le occasioni per ridere dei luoghi comuni sul cittadino medio della Capitale non mancano, ma neanche cambiano. Perché se la trama è spiritosa, nelle digressioni che ripercorrono la vita dell’aspirante suicida, le situazioni sono conosciutissime dal pubblico di Battista e quindi sanno di stantio (non a caso, lo stesso comico ha curato la sceneggiatura del film). Il finale aperto getta curiosità nell’animo dello spettatore, ma lascia anche un senso di vuota incompiutezza. A tratti più divertente del protagonista stesso, la sorella Suellem interpretata da Claudia Pandolfi, si fa ricordare per la caricatura di una donna dalla personalità inesistente e dai molti uomini: la Pandolfi comica è l'unica novità in un film che, ahimè, per il resto non mostra nulla di originale. Un’opera prima piacevole, ma senza troppe aspettative. Si ride di ciascuna macchiettistica personalità che incrocia il cammino di Maurizio, lungo il Ponte Milvio; d’altronde, il registro linguistico resta quello a cui il pubblico del cabaret è abituato, così come i tempi comici che prepotentemente si impongono allo spettatore. Ci si dimentica presto che il regista sia Pavolini e non Battista. Un film da vedere solo ed esclusivamente se si è fan instancabili dei numeri da cabaret del comico romano.