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Black Sea

13/04/2015 11:00

Riccardo Tanco

Recensione Film,

Black Sea

Dopo essere stato licenziato dalla sua società di recupero relitti, il capitano Robinson (Jude Law), viene a conoscenza di un tesoro segreto sommerso sul fondo

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Dopo essere stato licenziato dalla sua società di recupero relitti, il capitano Robinson (Jude Law), viene a conoscenza di un tesoro segreto sommerso sul fondo del Mar Nero e risalente alla Seconda guerra Mondiale. Insieme ad altri uomini, deciderà di partire su un sottomarino per recuperare il relitto in una pericolosa missione.


Vincitore del Leone nero al miglior film al Courmayeur Noir in Festival, Black Sea è il nuovo film del regista scozzese Kevin MacDonald, premio Oscar nel 2000 per il documentario Un giorno a settembre e autore dell'acclamato L'ultimo re di Scozia. Girato per la maggior parte all'interno di un sottomarino, Black Sea non si discosta troppo da altre pellicole thriller che hanno affrontato la dinamica di genere spostandola in una singola e claustrofobica unità di luogo. Da Allarme Rosso di Tony Scott fino al più famoso Caccia a Ottobre Rosso di John McTiernan, a emergere è soprattutto la dinamica umana della vicenda e dei personaggi coinvolti. Black Sea non fa differenza quando l'azione si deve trasformare in dramma psicologico: un gruppo di uomini in cerca di riscatto - guidati dal protagonista, licenziato e con una difficile situazione familiare alle spalle - parte in missione per recuperare dei lingotti d'oro persi in fondo al Mar Nero durante la Seconda Guerra Mondiale. MacDonald è attento a delineare i suoi protagonisti come antieroi, vittime di caratterizzazioni stereotipate, soprattutto nella banale diatriba etnica che vede contrapposti personaggi americani e russi. Black Sea fa subito suo l'archetipo del gioco al massacro tra le parti: quando si comincia a morire, si creano schieramenti fino a che l'avidità e l'egoismo umano finiscono per prevalere.


Purtroppo Black Sea, nonostante una discreta tensione e costruzione scenica, non si eleva al di sopra del modesto compito di mestiere: troppo legato a un preciso modo con cui condurre la storia e metterla in scena, non trova una propria idea sul racconto e sui personaggi trattati. Eppure, sottotraccia, nonostante le eccessive prevedibilità di scrittura, il film poteva imbastire un discorso interessante sul recupero della Storia e sulla sua necessità, così come sul rispetto di non trafugare la Morte. Perché tutti gli uomini dell'equipaggio del film sono reietti, sono Storia per sé e per gli altri ma decidono di riportare in superficie un tesoro (appartenente al passato), sommerso da anni ma che non vuole essere raccolto. Come se nonostante il bisogno di recupero, la memoria tragica non debba essere disotterrata, pena la propria caduta. Ma è una suggestione che Black Sea e il suo regista non percorrono, preferendo un'identità di cinema più scontata ma meno interessante.


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