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Road 47

16/04/2015 11:00

Riccardo Cotumaccio

Recensione Film,

Road 47

Road 47, diretto dal regista brasiliano Vicente Ferraz, è frutto di una coproduzione capitanata dal Brasile e allargata in Italia e Portogallo...

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Road 47, diretto dal regista brasiliano Vicente Ferraz, è frutto di una coproduzione capitanata dal Brasile e allargata in Italia e Portogallo. A un cast prevalentemente brasiliano, composto da attori come Daniel de Oliveira e Francisco Gaspar, si aggiunge la presenza del nostro Sergio Rubini.


1944. Sull’Appennino tosco-emiliano l’inverno è rigido, gelido e insopportabile. Specie per sette soldati brasiliani, facenti parte della Força Expedicionaria Brasileira, corpo militare inviato in Italia dopo un addestramento minimo, coi piedi in una neve che vedono per la prima volta. Dopo aver fallito l’assalto a una base tedesca, il gruppo di sopravvissuti si perde nei boschi dell’Appennino, dando così inizio a un’avventura in mezzo al gelo e sotto il mirino nemico. Il cammino dei militari incrocia il destino di un corrispondente di guerra brasiliano (Richard Sammel) e di un soldato repubblichino (Sergio Rubini), disertore, a caccia della sua famiglia. Con l’aiuto inaspettato di un altro disertore – stavolta tedesco – il destino dell’Italia e dei suoi alleati cambierà in maniera radicale.


Nell’era dei remake, dei reboot e dei contenuti fragili, Road 47 è un film che nasce da uno spunto storico originale e mai approfondito a dovere. Che il Brasile avesse contribuito, seppur in minima parte, alla lotta al Nazismo sugli Appennini italiani era fatto poco noto: se di buono avesse solo lo "spunto" narrativo, la storia di Vicente Ferraz sarebbe un ottimo documentario. E invece, non accontentandosi della ricostruzione storica, la pellicola si avvale di una scenografia eccezionale, sia nelle bellezze paesaggistiche che l’Italia offre, sia nella ricostruzione non facile di un mondo provato dal conflitto mondiale, per raccontare a tutto tondo una storia inedita. La pellicola si avvale di un cast variegato, ben caratterizzato dall’abilità dei singoli attori e dalla lucida direzione del regista: c’è il soldato riflessivo, quello che prega, il folle (che pure riesce a sorridere), il duro e il soldato a caccia di un riscatto. Con loro, un reporter pronto a rischiare tutto, un repubblichino pentito - e anche un po’ vile - e un tedesco magnanimo. Il tutto in una cornice che non stona, e che anzi rende credibile ogni scena. I dialoghi – seppur scarni – concedono spazio ai gesti e alle sensazioni, mentre i vuoti (anche se privi di una colonna sonora all’altezza) lasciano ragionare lo spettatore. L’assenza quasi totale di scene belliche o cruente non diminuisce il pathos della trama e, anzi, le concede particolare coerenza e dolcezza. Road 47 scorre lento eppure rapisce lo spettatore dalle prime immagini, quasi a volerlo informare di come, diverse decadi fa, 12.000 brasiliani sbarcati a Napoli vennero inviati in Emilia Romagna per dar man forte a italiani e americani. Qualcosa che, a ben vedere, un manuale di storia non insegna.


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