Un road movie colorato, caldo ed emotivo in cui il tema del viaggio si mescola piacevolmente alla tipica ironia pugliese: è Le frise ignoranti di Antonello De Leo e Pietro Loprieno, registi e sceneggiatori del film. Ironia e dramma si alternano creando precisi tempi comici in un’opera citazionista, che nel titolo omaggia Ferzan Ozpetek (Le fate ignoranti) e nei dialoghi rimanda allo stile ironico e cerebrale di Woody Allen. Interamente girato tra la Puglia e la Basilicata, Le frise ignoranti omaggia le bellezze paesaggistiche dello stivale e del suo meridione, ricevendo anche la collaborazione e il contributo del Ministero per i Beni e le Attività culturali e del turismo. Luca (William Volpicella) è pugliese, sposato e appassionato di musica. Suona nel gruppo "Le frise ignoranti" assieme ai suoi amici Franchino (Nicola Nocella), Nicola (Davide Donatiello) e Willy (Giorgio Gallo), con cui forma una band di scapestrati eterni ragazzini, in cerca dell’occasione giusta per firmare il contratto discografico della vita e mollare il lavoro. A non appassionare Luca c'è anche la moglie Caterina (Eva Riccobono): rigida e intransigente, la donna castra ogni suo slancio di creatività . L’inizio comico del film alleggerisce lo spettatore, senza appesantirlo neanche quando la storia traccia la linea del dramma: Mimmo (Francesco Pannofino), l’immaturo padre di Luca, scopre di avere pochi mesi di vita a causa di un tumore maligno. Incomincia così il viaggio de Le Frise Ignoranti alla ricerca di Mimmo, in un vortice di incontri bizzarri con personaggi curiosi e situazioni surreali. Le frise ignoranti è la storia di una meta da raggiungere: un figlio che cerca suo padre, fisicamente ma soprattutto emotivamente, per la prima volta nella sua vita. Il film rappresenta un atto di amore verso il Sud, spesso ingiustamente denigrato, che si riscatta grazie a un racconto di amicizia e ne esce vincente su tutta la linea. Puglia e Basilicata si lasciano ricordare per la loro solare vitalità , per una riuscita integrazione multirazziale e per l’importanza conferita all’attività culturale e allo spettacolo dal vivo. Tra psicologhe sull’orlo di una crisi di nervi, agenti di spettacolo dalle mancate capacità manageriali e tatuatrici straniere che mescolano il dialetto barese alla lingua inglese, i nostri eroi si fanno largo per raggiungere l’obiettivo prefissato. I toni dolceamari della sceneggiatura permettono allo spettatore di vivere tutte quelle emozioni che del film creano l’ossatura: sensibile, malinconica e romantica. Non la solita commedia all’italiana. Una pellicola politicamente scorretta e, frequentemente, tendente al non senso. Speciale l'apparizione di Lino Banfi nei panni di un nostalgico del meridione preunitario, travestito da "borbone" dalla testa ai piedi.