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Short Skin - I dolori del giovane Edo

22/04/2015 11:00

Caterina Bogno

Recensione Film,

Short Skin - I dolori del giovane Edo

Dopo il documentario Hit the Road, Nonna (2011), il trentasettenne fiorentino Duccio Chiarini – diplomato alla London Film School di Mike Leigh e assistente di

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Dopo il documentario Hit the Road, Nonna (2011), il trentasettenne fiorentino Duccio Chiarini – diplomato alla London Film School di Mike Leigh e assistente di Spike Lee sul set di Miracolo a Sant’Anna (2008) – realizza insieme all’iraniano Babak Jalali il suo primo lungometraggio, Short Skin, sotto l’egida della Biennale College che finanzia questo e altri due dei dodici progetti in concorso. I primissimi minuti della pellicola difficilmente lasceranno indifferente lo spettatore: ad aprire Short Skin è infatti l’immagine a tutto schermo di un ragazzino di spalle che, a braghe calate, attende pazientemente che i propri solerti genitori finiscano di ispezionarlo lì dove nessun ragazzino vorrebbe essere scrutato da mamma e papà. A coronare l’idilliaco quadretto familiare è la piccola Olivia che, malgrado l’evidente disappunto del fratello, chiede con grande entusiasmo di partecipare a quello che le sembra a tutti gli effetti un gioco divertente.


Duccio Chiarini prende le mosse dal proprio vissuto più intimo per raccontare la storia di Edoardo (Matteo Creatini), uno schivo diciassettenne affetto da fimosi, un problema sessuale molto comune ma poco conosciuto che gli impedisce di provare piacere sia da solo che “accompagnato”. Nella calda estate toscana, trascorsa in compagnia del suo sfrontato amico Arturo (Nicola Nocchi), Edo vorrebbe perdere la verginità ma vive con ansia e difficoltà la propria condizione. «Se non si tromba entro la fine dell’estate siamo due sfigati» taglia corto Arturo con una sentenza che suona come una minaccia. Tra un improbabile appuntamento con una prostituta e un esilarante rendez-vous amoroso con un polpo, Edo trascorre i mesi di vacanza diviso tra i sentimenti suscitati in lui dall’affascinante Bianca (Francesca Agostini), vicina di casa e amica di infanzia, e l’attrazione nei confronti della spigliata Elisabetta (Miriana Raschillà), appena conosciuta. Sullo sfondo, una famiglia messa in crisi dall’infedeltà del padre e dall’odissea in miniatura di Olivia (Bianca Ceravolo), che spende tutte le sue energie nel tentativo di far accoppiare il proprio cane Teagan.


Attraverso questa vicenda di crescita e di formazione, Short Skin si interroga sulla sessualità da una duplice prospettiva: quella brutale e – in fondo – superficiale della società e quella intima e complessa di un ragazzo che sta crescendo. Che cosa vuol dire essere uomo? Che cosa vuol dire amare una donna? Il timore che impedisce a Edoardo di affrontare l’operazione che porrebbe rapidamente fine alle sue difficoltà sessuali è, in realtà, il riflesso di una paura più profonda: quella di confrontarsi con una società nella quale non c’è spazio per alcuna fragilità e debolezza; quella di trovare un posto all’interno di un mondo nel quale il valore di un uomo si misura a partire dalla sua virilità. Un esasperato machismo che non fa altro che danni. Sono questi, in fondo, i dolori del giovane Edo ai quali fa riferimento il sottotitolo del film. Definito dal regista stesso «una commedia dolceamara», Short Skin è un’opera prima di grande valore, capace di riflettere sui temi del sesso, dell’adolescenza e della crescita con grazia e sensibilità, senza cedere mai a facili volgarità o a scontate strizzatine d’occhio. Un ottimo esordio per Duccio Chiarini, la cui personalità autoriale – legata sicuramente a una sensibilità indie di matrice americana, come suggerisce ad esempio l’utilizzo della colonna sonora – è senza dubbio già sviluppata.


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