Nel corso della sua carriera Giacomo Lesina ha affrontato una lunga gavetta, che lo ha portato a collaborare come aiuto regista in alcune delle più note produzioni italiane, televisive soprattutto (Don Matteo). L'esperienza pregressa lo ha portato ora a tentare la strada maestra, cimentandosi per la prima volta con un lungometraggio di finzione: il regista ha accettato la sfida, dirigendo una pellicola che danza fra thriller e horror, generi che sembrano ormai rari nel cinema italiano. Nasce così In the box, un film dal respiro internazionale. Una donna (Antonia Liskova) apre gli occhi, dopo essere rimasta senza sensi. La sconosciuta - il volto tumefatto e il naso rotto - è tenuta prigioniera all'interno di un garage, apparentemente privo di uscite, nel quale ben presto verrà “liberato” del monossido di carbonio, che la ucciderà. La sua unica speranza è legata alla telefonata che riceve da una voce che sembra sapere tutto di lei e che le dà un solo indizio: l'unica speranza risiede nella macchina. Inizia così una corsa contro il tempo, alla ricerca non tanto di risposte quanto del più umano sentimento di sopravvivenza. Dirigere e produrre una pellicola di genere in Italia oggi è impresa alquanto difficile: i coraggiosi che si cimentano nell'impresa il più delle volte sono costretti ad affrontare progetti a basso budget, privi degli aiuti dei grandi produttori/distributori. Giacomo Lesina aggira l'ostacolo decidendo di puntare tutto su un thriller dall'aspetto claustrofobico, che si svolge interamente in unità di luogo, raccogliendo il testimone lasciato da Nodo alla Gola di Alfred Hitchcock fino al più recente Buried. Il risultato è una pellicola che di certo non brilla quanto a originalità del plot , ma che può contare sulla buona interpretazione di Antonia Liskova - sulle cui spalle poggia tutta l'operazione filmica - e su una buona tenuta di ritmo e tensione che, dopo un incipit un po' zoppicante, si assesta su una buona linea di intrattenimento. Il regista confeziona una pellicola più che dignitosa, saggia nel non cercare di strafare, perfettamente consapevole di sé. Buona la scelta di Lesina di non cercare arzigogolate spiegazioni per evitare comunicazioni con l'esterno: nell'epoca iper-tecnologica in cui ci troviamo a vivere, sarebbe apparso quanto meno forzato privare la protagonista del cellulare. Per questo il regista utilizza proprio quella tecnologia come ulteriore strumento per creare tensione, attesa e – in qualche occasione – paura. Promosso.