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Jurassic World

04/06/2015 10:00

Aurora Tamigio

Recensione Film, Film Fantasy, Jurassic Park, Jurassic world,

Jurassic World

Dopo 22 anni... il parco riapre le porte

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Quanti anni avevate nel 1993? Eravate grandi abbastanza per andare a vedere Jurassic Park senza tenere la mano a mamma e papà o siete fra i tanti che hanno tremato davanti ai raptor, urlato al T-Rex e desiderato un cucciolo di brachiosauro da tenere in casa? Dopo 22 anni - e due sequel sbagliati - il parco riapre le porte: stavolta la regia è di Colin Trevorrow (già autore di Safety Not Guaranteed) a cui Steven Spielberg affida le proprie creature giurassiche, per traghettare la saga nel futuro. E Jurassic World compie a pieno il suo dovere: è il seguito che i film precedenti, assetati dalla smania di spaventare, non sono riusciti a essere. C'è un nuovo spirito di conquista scientifica (aggiornato al 2015), ci sono nuove creature e c'è un omaggio completo alle visioni del maestro Spielberg... tra mostri, squali e creature ibride.


Il parco ideato da John Hammond è diventato realtà: perfettamente funzionante, accoglie migliaia di visitatori ogni giorno a Isla Nublar. A gestirlo è Claire Dearing (Bryce Dallas Howard), direttrice in carriera, con due nipotini in visita. I controlli sui dinosauri sono serrati, eppure l'Indomitus Rex, un feroce tirannosauro creato su misura per spaventare i visitatori, finisce per sfuggire alla sorveglianza: nel parco è il panico. Per domare questa nuova – letale - creatura, entra in scena Owen Grady (Chris Pratt), coraggioso addestratore di raptor.


Nel replicare il successo di Jurassic Park, una condizione andava tenuta a mente: dopo due decenni non era più possibile puntare sull'effetto sorpresa quando un dinosauro entrava in scena. Improbabile riproporre tali e quali le bellissime sequenze del brachiosauro o le corse sfrenate dei velociraptor; persino il terreno che trema al passaggio dei giganteschi rettili è un artificio fuori moda. Per restituire la meraviglia e la paura, la parola d'ordine è una sola: esagerare. Colin Trevorrow porta il futuro su Isla Nublar con effetti speciali sensazionali che fanno quasi dimenticare di trovarsi dinnanzi a una sceneggiatura irreale, persino un po' folle. Largo quindi a CGI e innovazioni tecnologiche (reali e di finzione) che danno vita a un gioco metascientifico in cui i personaggi del film si pongono gli stessi dubbi degli spettatori. È la bella Claire, direttrice della struttura, ad ammettere che i dinosauri non sono più una novità e che per stupire servono trovate sempre maggiori. E più grande è l'idea, più letale sarà il crash che fa impazzire il parco. L'imprevisto - assolutamente prevedibile - stavolta si chiama Indominus Rex, un dinosauro ibrido e pazzoide che uccide per il gusto di farlo. Per un simile mostro da laboratorio, il cervello dei paleontologi non basta: ci vuole un vero duro, uno come Grady, ex-marine e addestratore di raptor (sì, qui gli sceneggiatori si sono un po' fatti prendere la mano). A questo punto, la sfida può iniziare.


Colin Trevorrow si bea di estetica spielberghiana, ma infonde a Jurassic World la propria voglia di rinnovamento: la malinconia si ferma alla citazione dei cancelli del parco che si aprono, ai dinosauri che appaiono e scompaiono. Fatta eccezione del Dottor Wu – che ha sempre il volto dell’attore BD Wong - non c'è traccia dei personaggi dei primi film e delle loro, ingenue ma romantiche, caratterizzazioni.Jurassic World è un action a tutti gli effetti, con protagonisti stereotipati e comprimari (la star francese Omar Sy e il bravo Vincent D'Onofrio) un po' sprecati. Gli avanguardistici pupazzoni di vent'anni fa hanno lasciato il posto a una convinta CGI che genera tirannosauri, triceratopi e pterodattili quasi reali, che scuotono lo schermo e convincono lo spettatore con la bellezza del dettaglio. I bambini di ieri e – incredibile a dirsi – anche quelli di oggi usciranno dalla sala sufficientemente stupiti.


Ci vuole impegno per ammettere quello che in questo sequel ancora non funziona. Oltre all'assurdità di alcune scelte di scrittura, disturba la morale che a tutti il film vuole rifilare. Il trascorrere degli anni ha reso il parco, che già nel 1993 era un'attrazione piuttosto discutibile, un esperimento in cui conta solo il capitale e lo shock del visitatore, la ricerca del "wow" facile. Con la critica al capitalismo del divertimento, torna la grande domanda spielberghiana (ingenua decenni fa, figuriamoci oggi): chi è il mostro fra l'uomo e la creatura, qualunque essa sia? In Jurassic World l'interrogativo si trasforma in una battaglia fra Grady - a metà fra un addestratore e "l'uomo che sussurra ai dinosauri" - e il Rex, per ristabilire l'ordine del maschio alfa nella comunità. Vi fa sorridere l'idea di un marine che sfida un feroce dinosauro a braccio di ferro? Pazienza, a Colin Trevorrow la verosimiglianza non interessa. Forse, anche lui cercava solo il wow.


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