Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità , il bambino nato sotto la soglia della trentasettesima settimana di gravidanza è da considerarsi nato prematuro. La piccola Rita, nata dopo solo ventitrè settimane di gestazione (alle quali sono seguiti quattro mesi vissuti in incubatrice) ha avuto il suo primo contatto col mondo nel T.I.N (Terapia Intensiva Neonatale), il reparto ospedaliero in cui si curano i nati prematuri. Angelo Marotta (La voce di Rosa, L’uomo dalla bocca storta), regista del documentario Piccoli così, che tratta il tema delle nascite premature, è anche il papà della piccola Rita e il portavoce di una categoria genitoriale accomunata dalla stessa esperienza. Il documentario non ha lo scopo di fare divulgazione scientifica. Le storie vere dei piccoli Ascanio, Luca, Arianna, Aisha e Vittoria sono narrate attraverso lo sguardo della camera, che entra nei reparti di Terapia Intensiva Neonatale di diversi ospedali romani (San Camillo Forlanini, Sant’Eugenio, San Filippo Neri, San Pietro Fatebenefratelli), dando voce alle sofferenze e alle speranze di familiari, infermieri e medici. Lo spettatore vive in prima persona un’esperienza fortissima dal punto di vista emotivo: la vita viene mostrata per quella che è, senza censura, attraverso i corpicini (dal peso di 500- 700 grammi) di neonati che - parafrasando una mamma intervistata - sono feti nati troppo presto piuttosto che bambini. Il fatto che il regista abbia vissuto questo calvario, costituito di montagne russe emotive e di attese in ospedale, è essenziale per la buona riuscita del documentario. Il coinvolgimento è intenso perché la narrazione, oltre ad avere come sceneggiatura la vita di tutti i giorni, ha come protagonisti individui che non debbono interpretare un ruolo diverso da loro stessi. Primo fra tutti Marotta, che più di una volta si pone davanti (oltre che dietro) l’occhio della camera, assieme alla moglie, per raccontare la sua storia personale e la nascita prematura della figlia. Gli eroi della storia sono le mamme, i papà e i bambini - più o meno cresciuti, a seconda dell’età in cui è stata fatta l’intervista - che parlano di loro stessi come se fossero a una seduta di psicoterapia di gruppo: Angelo Marotta è lo psicoterapeuta e, al tempo stesso, uno dei pazienti. Incredibilmente riuscita questa descrizione di un mondo, per lo più sconosciuto ai molti, narrato proprio come si vive l’esperienza di una gravidanza: una vita in attesa. Il senso di impotenza si accompagna al senso di colpa del genitore, che si interroga su cosa ha sbagliato per spingere il proprio figlio a voler "scappare" dal ventre materno. Impossibile non immedesimarsi con i genitori, le cui lacrime suscitano una forte empatia, lasciando per settanta minuti con il fiato sospeso e un nodo alla gola. La vita si manifesta in tutta la sua potenza, come una forza gigantesca e misteriosa, attraverso le storie di prematuri che, molto spesso, dopo aver vinto la prova della sopravvivenza da neonati, si trovano a dover combattere da adulti con molteplici disabilità . Un film intenso e riuscito.